Diaz.





Diaz è un'odissea della civiltà. Si apre con una bottiglia in volo, al rallentatore, come l'osso di Kubrick. Durante tutta la proiezione la tensione è altissima, ci sono pochissimi momenti per riprendere fiato. Il pubblico si stringe nelle poltroncine del cinema Odeon affollatissimo e molti hanno gli occhi lucidi, tramortiti da quella violenza a cui non si può urlare di cessare. Sono le ore successive alla morte di Carlo Giuliani. Storie diverse si intrecciano e si mescolano sino ad unirsi nella tragica notte dell'assalto alla scuola dove era stato allestito il dormitorio per i manifestanti. La scelta narrativa spinge i racconti sempre sullo stesso momento, per poi tornare indietro, come in un rewind, a quella bottiglia che si infrange.

Questo post non ha la pretesa di riassumere gli eventi di quei giorni, ma è dettato dalle sensazioni e dalla necessità che ho avuto all'uscita dal cinema.
Vittorio Agnoletto, in una delle sue critiche a Diaz, ha osservato che nel film non compaiono i nomi dei protagonisti di questa vicenda. I personaggi hanno nomi fittizi, nonostante tutta la storia si riallacci ad atti processuali, alle centinaia di ore di filmati e alle migliaia di foto scattate durante quei giorni. Una storia vera, dunque, come veri sono i soggetti che si muovono dentro questa trama piena di buchi. La scelta del regista, Daniele Vicari, può essere una mancanza importante, come dice Agnoletto, quello che possiamo fare, però, è cercare di ripercorrere, anche con lo spunto cinematografico, questa vicenda.

Ho deciso quindi di fare una raccolta dei nomi nascosti delle persone che nel film si incontrano. Non è un elenco completo, ma fornisce un sommario utile per tutti quelli che andranno a vedere Diaz.


Roberto Castelli: all'epoca dei fatti ministro della giustizia. Roberto Castelli difende in tutto e per tutto l'operato della polizia penitenziaria che dipende dal suo ministero. Lo fa negando ogni pestaggio "sistematico e preordinato" all'interno della caserma di Bolzaneto dove invece molti manifestanti hanno denunciato di aver subito violenze fisiche e psicologiche.
(la Repubblica 26/7/2001)

Claudio Scajola: all'epoca dei fatti ministro dell'interno. "Durante il G8, la notte del morto, fui costretto a dare ordine di sparare se avessero sfondato la zona rossa"
(www.rainews24.it)

Gianni De Gennaro: all'epoca dei fatti Capo della Polizia. Nell'aprile 2008 viene richiesto il rinvio a giudizio per De Gennaro per istigazione alla falsa testimonianza nelle indagini inerenti ai fatti del G8 di Genova e in particolare i fatti della scuola Diaz. Il 1 luglio 2009 il pm chiede che gli siano attribuiti due anni di reclusione per istigazione alla falsa testimonianza, cioè per pressioni sull'ex questore affinché dichiarasse il falso sugli eventi alla scuola Diaz durante il G8 di Genova, per cui in aprile dell'anno prima era stato chiesto il rinvio. L'8 ottobre 2009 nella sentenza di 1º grado, De Gennaro viene assolto. Il 17 giugno 2010 De Gennaro viene condannato in appello ad un anno e quattro mesi di reclusione per istigazione alla falsa testimonianza nei confronti dell'ex questore di Genova Francesco Colucci nel processo per l'irruzione alla Diaz del G8 nel 2001. Il 23 novembre 2011 viene infine assolto in quanto "i fatti non sussistono".
(http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_De_Gennaro)

Arnaldo La Barbera: all'epoca dei fatti prefetto inviato a Genova dal capo della polizia De Gennaro. La Barbera nell'interrogatorio avvenuto di fronte ai pm Enrico Zucca ha confermato che la decisione di perquisire in forze la scuola Diaz fu presa collegialmente dopo la segnalazione di un lancio di pietre dall'edificio contro un'autopattuglia della polizia.
(Corriere della Sera 19/6/2002)

Spartaco Mortola: all'epoca dei fatti capo della Digos di Genova. Ha negato l’evidenza dei filmati girati al momento dell’irruzione dalla scuola Pascoli, l’edificio antistante alla scuola Diaz/Pertini. In una nota inviata al capo della Polizia il 5/8/2001 Mortola ha dichiarato che “poiché l'immagine è concentrata soprattutto sul portone d'ingresso ed a causa dell'oscurità, non si nota apparentemente il lancio di oggetti contundenti dai piani superiori all'indirizzo delle forze dell'ordine, anche se lo scrivente conferma, anche in questa sede, che il lancio di oggetti ci fu”.
(www.veritagiustizia.it)

Francesco Colucci: all'epoca dei fatti Questore di Genova. Nel "telefax urgentissimo" del 22 luglio con cui il Questore Francesco Colucci ha notificato al ministero dell'Interno i risultati dell'operazione di polizia effettuata nella notte precedente, si descrive "una squadra" di poliziotti affrontata da "un giovane tuttora non identificato" che "si confondeva con le altre persone rintracciate della scuola'', ma solo “dopo essere stato immobilizzato''. Nel documento di Colucci, inoltre, si sostiene che una delle cause che impediscono all'agente Massimo Nucera di identificare il suo aggressore, oltre al buio e alla concitazione, è il "contestuale intervento di numeroso personale", come dire che sul posto c'erano troppi poliziotti. Questa versione dei fatti, e il racconto dello stesso Nucera, sono stati smentiti dai Carabinieri del RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Parma, con due perizie consegnate alla Procura di Genova il 25 maggio e il 7 ottobre 2002.
(www.veritagiustizia.it)

Francesco Gratteri: all'epoca direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia. Il 5/9/2001 Francesco Gratteri, oggi capo dell’antiterrorismo, ha dichiarato al comitato parlamentare d’indagine che “le pattuglie andate in ausilio all'altezza della scuola Diaz-Pascoli, occupata da rappresentanti del Genoa Social Forum, vennero colpite dal lancio di oggetti. Le pattuglie, dirette dal dottor Di Bernardini della Squadra Mobile di Roma, dovettero far uso di segnali di emergenza per sottrarsi a tentativi di aggressione con possibili gravi conseguenze”. Queste affermazioni non hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni rilasciate dallo stesso Di Bernardini durante l’interrogatorio effettuato Il 17 dicembre 2001 con il Pm Enrico Zucca.
(www.veritagiustizia.it)




Ansoino Andreassi: vice capo della polizia durante il G8. Della perquisizione Andreassi apprende per telefono attraverso Murgolo, e poi successivamente da La Barbera, Canterini e lo stesso Nucera quando rientrano in questura. Significativo il modo in cui apprende delle molotov Andreassi: “Hanno trovato delle molotov: MENO MALE! Due? MENO MALE!!!”
Ma poi il materiale che viene mostrato alla stampa il mattino dopo è esiguo e non giustifica secondo il prefetto l'operazione, tanto che quando De Gennaro gli chiede di fare una seconda conferenza stampa e di rispondere alle critiche dei giornalisti, il prefetto Andreassi rifiuta, optando per una sola intervista in cui veicolare una difesa, molto meno a spada tratta, dell'operazione.
(SupportoLegale.org)

Vincenzo Canterini: comandante del VII Nucleo mobile. Il 4 settembre 2001 Vincenzo Canterini, comandante del VII nucleo sperimentale antisommossa del I Reparto Mobile di Roma, ha dichiarato al comitato parlamentare d’indagine che nella scuola Diaz/Pertini “vi sono state persone che, entrando, hanno visto lanciarsi contro delle sedie e quindi hanno reagito”. Uno degli uomini di Canterini, invece, descrive pestaggi immotivati, compiuti in assenza di reazione. Nella relazione di servizio consegnata al questore Colucci il 22 luglio 2001, il vice sovrintendente della Polizia di Stato Vincenzo Compagnone ha dichiarato che nella scuola “notavo operatori ed altri accanirsi e picchiare come belve dei ragazzi, uno di questi era a terra in una pozza di sangue e non dava segni di vita”.
(www.veritagiustizia.it)

A distanza di sei anni ci sarà qualcosa che si rimprovera di quella notte. O no?
"Mi rimprovero di non essere riuscito a imporre una soluzione diversa da quella che poi fu adottata. Ma è anche vero che non ne ebbi modo". Quale soluzione diversa?
"Suggerii a chi comandava in quel momento di tirare all'interno della scuola qualcuno dei potenti lacrimogeni di cui avevamo dotazione. E di aspettare che chi era dentro uscisse. Ma non ci fu verso". A chi lo suggerì?
"All'allora vicecapo della polizia e capo dell'Antiterrorismo Arnaldo La Barbera".
(la Repubblica 15/6/2007)

Michelangelo Fournier: all'epoca dei fatti vicequestore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma. A lui si deve la denominazione di "Macelleria Messicana". "Sono rimasto terrorizzato e basito - ha spiegato - quando ho visto a terra una ragazza con la testa rotta in una pozza di sangue. Pensavo addirittura che stesse morendo. Fu a quel punto che gridai: 'basta basta' e cacciai via i poliziotti che picchiavano."
(la Repubblica 13/6/2007)

Giacomo Toccafondi: all'epoca dei fatti medico della caserma di Bolzaneto. Il dottor Toccafondi costrinse un manifestante a gridare “Viva il duce”, ad un altro disse “Alla Diaz dovevano fucilarvi tutti” oppure “bastardi”. Ad una ragazza tedesca, con la bocca distrutta dalla polizia alla Diaz, disse, invece di prestarle le cure necessarie, puntandole un manganello alla bocca: “Manganello, manganello”.
Il dottor Toccafondi a Bolzaneto non indossava il camice sanitario, come ogni medico che si rispetti, ma una maglietta con la scritta “Polizia penitenziaria” ed i pantaloni di una tuta mimetica, così che molti dei manifestanti pensarono che si trattasse di un agente della penitenziaria e non di un medico. Il dottor Toccafondi a Bolzaneto si è appropriato di alcuni effetti personali dei manifestanti dicendo che erano i suoi TROFEI, vantandosi di avere anche dei TROFEI che aveva raccolto in Bosnia.
(www.veritagiustizia.it)

Roberto Sgalla, all'epoca dei fatti responsabile delle pubbliche relazioni per la Polizia di Stato. Alle 2:17 del 22 luglio il portavoce della Polizia di Stato Roberto Sgalla parla ai microfoni di RaiNews24 di “una decina di feriti, la maggior parte erano feriti che non si erano fatti curare precedentemente”. Lo stesso concetto viene confermato nel comunicato stampa del giorno successivo. Dai certificati medici risulta che durante l’irruzione delle forze di polizia nella scuola Diaz/Pertini sono state ferite 82 persone, tre delle quali in modo molto grave.
(www.veritagiustizia.it)

Lorenzo Guadagnucci: giornalista e fondatore del Comitato Verità e Giustizia per Genova.


Mark Covell: giornalista inglese. "E' successo che sono diventato un 'human football', un pallone umano - risponde -. Ero in mezzo alla strada, proprio davanti al cancello della scuola Diaz, quando sono arrivate le camionette. E ci sono rimasto intrappolato mentre i carabinieri chiudevano i due lati della via. Quando ho visto un gruppo venirmi addosso, ho mostrato la tessera da giornalista (è l'inviato di Indymedia uk., un network on line di informazione alternativa con diverse edizioni, compresa quella italiana, tra i più seguiti, ndr). Mi hanno colpito subito con i manganelli. Poi uno con lo scudo mi ha schiacciato contro il muro e l'altro mi ha riempito di botte ai fianchi".
(la Repubblica 27/7/2001)

Lena Zuhlke: studentessa tedesca. Due degli ultimi a essere presi sono stati una coppia di studenti tedeschi, Lena Zuhlke, di 24 anni, e il suo compagno Niels Martensen. Si erano nascosti in un armadietto delle pulizie, al piano superiore. Hanno sentito gli agenti avvicinarsi, sbattendo i manganelli lungo i muri. La porta dell'armadietto si aprì, Martensen è stato trascinato fuori e picchiato da una decina di agenti in semicerchio attorno a lui. Zulkhe è scappata nel corridoio e si è nascosta nei bagni. Gli agenti l'hanno vista, inseguita e trascinata per i dreadlock. Nel corridoio, hanno giocato con lei come cani con un coniglio. È stata picchiata in testa e presa a calci quando era a terra, fino a che non le hanno rotto le costole. È stata bloccata al muro, dove un agente le ha dato una ginocchiata all'inguine, mentre gli altri continuavano a pestarla con i manganelli.
Quando è scviolata a terra, hanno continuato a picchiarla: «Sembrava che si divertissero e quando gridavo sembrava che si divertissero di più».
Gli agenti trovarono un estintore e spruzzarono la schiuma sulle ferite di Martensen. La sua compagna è stata trascinata per le scale, dai capelli, testa in avanti. Hanno portato Zulkhe fino al piano terra, dove avevano radunato tutti i prigionieri dagli altri piani, in un caos di sangue ed escrementi. L'hanno gettata su altre due persone, immobili, tanto che Zulkhe chiese cautamente se erano ancora vivi. Senza risposta, anche lei si accasciò sul pavimento, incapace di muovere il braccio destro, e di fermare il tremore al braccio sinistro e alle gambe, nonché il sangue. Un gruppo di agenti passava lì vicino, e ciascuno si tolse il fazzoletto per sputarle addosso.
(estratto del Guardian pubblicato in italiano su www.ilmucchio.it)





Alessio MacFlynn




















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