venerdì, aprile 29, 2011

Un matrimonio da celebrare.

Un matrimonio da favola. Così è riassunto questo evento mediatico da magazine del supermercato,che si propone in una veste scaduta e piena di cliché. William e Kate. Un milione di persone per strada e due miliardi incollati agli schermi per seguire un evento che con la vita vera ha poco a che fare,ma che dona nuova linfa al gossip e al pettegolezzo dal parrucchiere. I giornalisti che commentavano la giornata hanno pronunciato più volte una parola che mi è sembrata inadeguata e fuori luogo: speranza. Ma speranza per cosa?  Il matrimonio da favola? Il principe e la principessa? Speranza per chi,soprattutto? C'è davvero cosi tanta gente che spera in una vita fatta di obblighi e rituali stantii,e che necessita dell'etichetta e del grande fasto per essere consacrato? Allora ho deciso di raccontarvi un'altra storia,di un altro matrimonio. E sono sicuro che in questa storia possano davvero rientrare i termini di speranza,nobiltà e rinascita.

La mattina del 2 aprile 1985, Barbara Rizzo è in macchina. Sta accompagnando i suoi figli Salvatore e Giuseppe a scuola,guidando sulla statale litoranea che attraversa Pizzolungo,provincia di Trapani. Margherita,l'altra figlia, è già a scuola,accompagnata da una vicina di casa. Una mattina come le altre. E invece no. L'auto di Barbara Rizzo viene superata da una Fiat Ritmo,che in quel momento sta trasportando il giudice Carlo Palermo. Proprio in quel momento,un'autobomba parcheggiata vicino ad un muretto esplode. Quell'autobomba è destinata alla macchina del giudice,trasferito a Trapani da soli 50 giorni. Il trasferimento lo aveva chiesto proprio lui, dopo le indagini condotte a Trento sul traffico di droga e soprattutto sul traffico d'armi,che vedeva coinvolti anche esponenti del PSI. Chi fece esplodere l'autobomba era forse convinto che nell'attentato sarebbe morto anche lui,in un gelido pensiero di morte. Carlo Palermo fu sbalzato via dalla macchina,ma rimase illeso. La sua scorta venne ferita,ma riuscì a farcela. Barbara Rizzo,Giuseppe e Salvatore,invece,morirono atrocemente. Sventrati,disintegrati dai venti chili di esplosivo dell'autobomba,che dilaniò i corpi facendoli a pezzi e spargendoli nel raggio di centinaia di metri. "Mio fratello,una macchia sul muro..." Queste sono le parole di Margherita,la figlia che ha perso così crudelmente la madre e i fratelli,e che ha visto mancare il padre solo 8 anni dopo la strage. Margherita,11 anni,all'epoca dei fatti. Per questa strage sono stati condannati nel 2004 Totò Riina,Balduccio Di Maggio e Vincenzo Virga come mandanti. Ma degli esecutori materiali non si conosce l'identità. Un altro omicidio senza volto. Secondo le ultime stime le vittime di Cosa Nostra sono quasi 5000. E questo numero diventa spaventosamente grande quando si cerca di pensare che per ogni vittima,c'è una famiglia distrutta. Genitori,fratelli,amici. Tutti con un buco dentro,per una morte che spesso sparisce in quel vortice nero che la malavita organizzata ha creato nel nostro paese e dove nasconde mandanti,esecutori e capi.
Ma questo è il racconto di una speranza. E' il racconto di chi ha guardato in faccia l'orrore,andando avanti. Margherita quando parla di quel giorno dice: "Datemi i pennelli e mi metto a dipingerla precisa a come ce l’ho in testa." Non si perde in quello sforzo che il dolore a volte innesca, per mettere da parte e dimenticare. Lei non può dimenticare e non può permettersi che il suo paese dimentichi. Nel 1992 inizia la sua ricerca per la verità,segnata da tanti momenti di scoraggiamento e da quella sensazione di vuoto attorno,che rischia di distruggere chi subisce un'ingiustizia così grande. E' riuscita anche a trovare un confronto e a chiudere un pò della sua ferita,incontrando proprio il giudice Palermo nel 2006. Un incontro difficile,che però ha sicuramente sanato alcuni dolori che si trascinavano da troppi anni. Un altro incontro fondamentale è stato quello con "Libera", e proprio grazie all'associazione di Don Ciotti ha potuto sfogare la necessità di imprimere questo ricordo nella memoria e nel cuore di chi la ascolta. Testimoniare. Soprattutto nelle scuole,dove la lotta alla mafia deve essere insegnata, proprio per combattere l'atteggiamento-mafia,il pensiero-mafia,forse una delle radici più difficili da sradicare. E questo cammino tortuoso di riscatto e tenacia,proprio in questi giorni,sta per essere sigillato da un momento straordinario per Margherita. Margherita infatti si sposa con un ragazzo di Parma.  E a celebrare le nozze sarà proprio Don Ciotti,che la accompagnerà all'altare,in una giornata,questa sì,che celebra la rinascita e la speranza. Non ci saranno televisioni,ospiti eccellenti e parate d'ordinanza. E infatti non auguriamo a Margherita tutto questo,ma solo un grande abbraccio per la nascita di una bella famiglia,e la promessa di non dimenticare.

Alessio MacFlynn


Hai da spicciare?

Promuovi anche tu la tua Pagina



giovedì, aprile 28, 2011

La resistibile ascesa di Arturo Ui: nascita ed espansione del "lebensraum" dei cavoli.


Se è vero, come credo, che un buon metro di giudizio del valore di un'espressione artistica sia lo sconvolgimento d'animo che questa provoca nello spettatore, e il continuo soffermarsi a riflettere su quanto visto, nel tentativo di darne una propria chiave di lettura, a cui la stessa lo induce, posso con certezza affermare come La resistibile ascesa di Arturo Ui di Eugen Berthold Friedrich Brecht, detto Bertolt, sia un'opera di immensa caratura, dato che poche volte ho potuto sperimentare su me stesso un livello così dirompente di tali sensazioni come dopo aver visto questa rappresentazione teatrale
A onor del vero, devo ammettere di essere un completo neofita per ciò che riguarda il teatro, e, quindi, quanto affermato finora potrebbe essere dettato dal non avere buoni termini di paragone. Tuttavia, sono fermamente convinto che il valore dell'opera sia assoluto, anche se mi riprometto di proseguire quanto prima possibile il percorso di scoperta artistica.
Doveroso è, per chi non lo conoscesse, un piccolo cenno storico/bibliografico sull' autore, i cui tratti salienti riguarderanno l'opera della quale voglio parlare, omettendo volutamente gli accadimenti che, non per importanza, ma per praticità, risulterebbero superflui.
Brecht è considerato una delle più importanti figure nel panorama artistico tedesco, se non mondiale, del XX secolo.
Nacque ad Augusta il 10 febbraio 1898.
Fu costretto all' esilio dopo che, nel 1933, la rappresentazione di Linea di condotta venne interrotta dalla polizia, e i produttori vennero accusati di alto tradimento.
Il 28 febbraio, giorno successivo al rogo del Reichstag, lasciò Berlino, e cominciò la sua personale Odissea.
Come spesso accade, al periodo più tormentato della sua vita corrispondono le opere di maggiore rilevanza.
Nel 1941, mentre di trovava ad Helsinki, in sole tre settimane scrisse l'opera alla quale mi riferisco.
La resistibile ascesa di Arturo Ui è una trasposizione nella Chicago capitalistica dell' ascesa al potere di Adolf Hitler.
Berlino diventa Chicago. L'Austria che subisce l' Anschluss (annessione) alla Germania diventa Cicero che la subisce a Chicago. Hitler che si ritrova nei panni del feroce gangster Arturo Ui... e via discorrendo per tutti i luoghi e i personaggi della pazzia nazista.
Un' allegoria satirica in cui, come sempre, il tono scherzoso stigmatizza l'orrenda realtà di un potere feroce e corrotto molto meglio di qualsiasi seria invettiva.
Una risata sguaiata che molto si allontana nella forma da un urlo di rabbia, ma che non meno fa riflettere.
Molti sono gli spunti che, una volta superata la fase dell'ilarità, ci aprono la mente e ci ricordano come "non sfugge dal passato chi dimentica il passato". Proprio quel tremendo passato che alcuni irrimediabili nostalgici di epoche spesso non vissute, hanno l'ardire di considerare un' età dell'oro dell'umanità.
Un tratto molto interessante della rappresentazione è la sua astrazione dal reale.
Infatti, proprio il raccontare la fantomatica ascesa di un fantomatico despota fa sì che la si possa riferire a tutti quei paralleli storicamente esistiti che questa terra ha ospitato, e continua ad ospitare.
Una denuncia senza luogo e senza tempo. Una denuncia universale dell' infamia della quale l'animo umano spesso si macchia.
Ma ciò che più mi ha colpito è la continua ostentazione dei cavoli e della necessità della loro abbondanza.
A mio sommesso parere, questi vegetali, che certo non spiccano per gusto e raffinatezza, stanno a simboleggiare la svilimento delle coscienze. Uno svilimento certamente dettato dalle pessime condizioni economiche, principale contesto di incubazione di sistemi totalitari, ma che da queste non è giustificato.
La decisione degli Junker prussiani (proprietari terrieri), qui dipinti come "quelli del Trust dei cavoli", di corrompere il presidente Hindenburg (il ricco e onesto cittadino Dogsborough) per ottenere sovvenzioni, e quella di Hindenburg di farsi corrompere ed esporre, così, il fianco al ricatto di Hitler, sono figli di una società che ha perso il lume della ragione e della fratellanza.
Un monito: non di soli cavoli vive l'uomo!!!
Una lezione di vita che ci insegna ad andare oltre le nostre necessità più infime, e, soprattutto, a far sì che queste, sebbene acute, non si antepongano mai al più nobile Bene Comune.
Ed è proprio la possibilità che la coscienza umana ha di distaccarsi dalla cieca necessità dei "cavoli" che rende qualsiasi ascesa di qualsiasi "Arturo Ui" realmente "resistibile".
E non si resisterà a nessuna ascesa se i "cavoli" continueranno ad essere la propria priorità.
Anche grazie al coinvolgimento emotivo che il teatro immancabilmente induce nello spettatore (si nota che sono rimasto molto entusiasta?), durante la visione di quest'opera ci si sente come immersi nel Fiume della Storia. Un fiume in piena che arriva da una fonte che, nel bene e nel male, non può essere mutata, ma il cui futuro corso, per potere conferitoci dal nostro libero arbitrio, dipende interamente da come sapremo indirizzarlo.
Siamo noi i posteri a cui compete l'ardua sentenza su ciò che fu.
Siamo noi i contemporanei ai cui figli competerà l'ardua sentenza su ciò che è.
Battiamoci perché ciò che è sia sempre meglio di ciò che fu.

"Il lavoro rende cavoli"

Massimo McMutton

Cliccate sul "like" per diventare Fan su Facebook,
sul "mi piace" per condividere il post sulla vostra bacheca,
e sul "tweet" per condividere il post su Twitter



lunedì, aprile 25, 2011

25 Aprile


La ciurma di -Hai da Spicciare?- vi augura un buon 25 Aprile, e coglie l'occasione per ringraziarvi per l'interesse dimostratoci in questo mese e mezzo di pensieri spiccioli.
Non avremmo mai confidato in un seguito talmente massiccio da superare qualsiasi aspettativa!
Per oggi ci godiamo la festa, ma vogliamo lasciarvi con una poesia dedicata al ricordo e alla celebrazione. E soprattutto all'Italia...l'Italia tutta intera!

"La fine e l'inizio" di Wisława Szymborska

Dopo ogni guerra
c'e' chi deve ripulire.
In fondo un po' d'ordine
da solo non si fa.


C'e' chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.


C'e' chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.


C'e' chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c'e' chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.


Non e' fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono gia' partite
per un'altra guerra.


Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.


C'e' chi con la scopa in mano
ricorda ancora com'era.
C'e' chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.


C'e' chi talvolta
dissotterrera' da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasportera' sul mucchio dei rifiuti.


Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.


Sull'erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c'e' chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.