sabato, marzo 17, 2012

Il diritto all'indifferenza


Un paio di giorni fa la Cassazione ha depositato una sentenza che riconosce alle coppie omosessuali il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di coppia" con la possibilità, in presenza di "specifiche situazioni", di un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. La sentenza è stata giustamente salutata come un passo positivo e necessario sia dalle varie associazioni per la difesa dei diritti della comunità lgbt (lesbica, gay, bisessuale e transgender) sia da alcuni ambienti della politica. Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, l’ha definita addirittura una “rivoluzione copernicana”. Io però non sono riuscita a farmi trascinare appieno da quest’entusiasmo. È innegabile che questa sia una svolta importante, ma è ancora così poco, ed arriva così tardi! Nel frattempo stiamo ancora aspettando una legge contro l’omofobia, che è stata respinta più volte nel corso degli anni, anche dopo l’aggressione verbale e i pesanti insulti lanciati in pieno giorno contro la deputata del PD Paola Concia, prima promotrice della stessa. Stiamo aspettando di risalire di alcuni posti nella classifica stilata dall’Ilga-Europe, associazione per la tutela dei diritti lgbt a livello europeo, l’”Indice Rainbow”, pubblicato il maggio scorso in occasione della Giornata Internazionale contro omo- e transfobia, in cui l’Italia occupa uno sconfortante penultimo posto, seguita solo da Cipro, dove l’omosessualità è ancora illegale, da San Marino, Liechtenstein, Principato di Monaco, e, come sbagliarsi, Vaticano. Bisogna dire che per stilare l'Indice Rainbow vengono tenute in conto le leggi approvate e vigenti in ogni singolo stato e non i fenomeni sociali di quel territorio. Ad esempio, per assegnare i punteggi ai paesi, si prende in considerazione il riconoscimento legale delle persone trans, il fatto che esistano o meno nell'ordinamento giudiziario delle leggi contro le discriminazioni o che si riconoscano i matrimoni omosessuali, i figli, le adozioni, etc. Il punteggio va da un massimo di 17 a un minimo di -7 e l’Italia totalizza un misero 0 alla pari con Malta e Lettonia. E aspettiamo che i Giovanardi di turno la smettano di sbraitare sull’incostituzionalità delle pubblicità dell’Ikea (mentre Forza Nuova diffonde questi costituzionalissimi volantini) di paragonare dei baci tra persone dello stesso sesso a qualcuno che fa pipì per strada, di esprimersi bigottamente contro aborto, quote rosa etc. Ma soprattutto aspettiamo che si metta un freno ai molti, troppi Giovanardi in incognito. Quelli più furbi di lui, che la pensano esattamente allo stesso modo, ma se ne stanno zitti zitti finché non viene il momento di insultare, pestare, derubare o perseguitare qualcuno.

Ma l’indignazione mi ha fatto divagare. Io oggi non volevo parlare affatto di questo, di quanta strada ci sia ancora da fare da noi e di come sia sconfortante. Oggi volevo portare una nota fresca, positiva, sul diritto all’indifferenza. Due esempi di integrazione a cui ho assistito (e continuo ad assistere) in prima persona, e che mi entusiasmano: Berlino e Madrid. Queste città dovrebbero entrambe ricevere almeno una quindicina di punti nell’Indice Rainbow. Non solo perché in Spagna i matrimoni gay sono legali, o perché il sindaco di Berlino è dichiaratamente omosessuale, ma perché entrambe sono un vero e proprio porto riparato. E per tutto l’anno, non solo durante la settimana del Pride. Ciò che colpisce, in queste due città, è l’indifferenza della gente. Indifferenza intesa come risultato massimo dell’integrazione. Come andare al parco in una bella giornata e cercarsi un posto nel prato disseminato di coppiette tubanti etero- ed omosessuali, e in quanto single in procinto di farsi fuori birrozzo e patatine al formaggio odiare tutti i piccioncini senza eccezioni. Come una coppia di ragazzi e una coppia di ragazze che passeggiano mano nella mano la sera per un appuntamento a quattro, ridono, scherzano, si fanno foto ricordo, si baciano teneramente, e nessuno che li nota. Come il fatto che nessuno ormai ne parli più (dopo la famosa dichiarazione “Ich bin schwul und das ist auch gut so!”, ‘sono gay, e va bene così’, del 2001) del fatto che Klaus Wowereit sia gay. Come due ragazzi che salgono su un palco di karaoke subito dopo un signorotto che ha cantato una canzone popolare tedesca risalente alla DDR e si esibiscono in un pezzo degli Abba. Come due vecchine madrilene che passeggiano a braccetto per Chueca, lo storico e a tratti appariscente quartiere gay di Madrid, e si fermano all’angolo a scambiare quattro chiacchiere con i vicini, a quanto pare niente affatto turbate dallo sconvolgimento irreparabile portato ai valori tradizionali, alla famiglia e all’universo intero da quella poco raccomandabile coppia di tranquilli quarantenni che vive all’angolo col panettiere.



[Per chi si fosse appassionato all'Indice Arcobaleno e volesse saperne di più su mappa, indici, diritti ottenuti, oppure no, dalla comunità lgbt a livello europeo e mondiale, etc., tutti i dati si possono trovare qui]

Giulia McNope








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mercoledì, marzo 14, 2012

Il linguaggio per l'eternità.

Cueva de Las Manos - Argentina
Immaginare il futuro del nostro pianeta è una scommessa sempre più difficile. L'imprevedibilità dei mutamenti connessi all'espansione del genere umano ha avuto un impatto incredibile sulla terra, alterando, in molti casi, il suo equilibrio naturale. Immaginare la sorte degli esseri umani è qualcosa di ancora più incerto. Cosa resterà? Cosa verrà tramandato alle generazioni future? Il desiderio di trasmettere il nostro pensiero e la nostra esperienza, sta vivendo una nuova fase di scambi in tempo reale. L'era della comunicazione globale. Ma se dovessimo confrontare la preistoria della comunicazione con l'attuale tecnologia, le impronte delle mani nelle caverne argentine vincerebbero clamorosamente la sfida contro i nostri tablets. Ipotizzando un improvviso crollo delle fonti energetiche, i nostri files, le rubriche, i messaggi, i tweet, i blog, andrebbero perduti in un istante, mentre le impronte sarebbero ancora lì. Qualcuno potrebbe pensare che questo non costituisca un problema, ma c'è chi ha analizzato concretamente questa eventualità. I maggiori tentativi di garantire una trasmissione di informazioni, però, non sono dedicati alla nostra cultura o al miracolo evolutivo della specie.

L'ingresso di Onkalo

Ad Onkalo, in Finlandia, nel giro di cento anni verrà costruita la più grande opera specificatamente concepita per una durata che si avvicina al fantascientifico: 100.000 anni. Non è un santuario della nostra civiltà, è un punto di raccolta di scorie radioattive. A quasi cinquecento metri di profondità verranno collocate e sigillate centinaia di tonnellate di rifiuti altamente pericolosi. Centomila anni sono il periodo necessario affinché cessi la radioattività degli scarti, ed è a quella durata che mira il progetto finlandese. Quando verrà completato, nel XXII secolo, questo enorme sarcofago scavato nella roccia verrà richiuso, come una tomba faraonica, per non essere mai più riaperto.Sembra una follia? Negli sguardi degli ingegneri addetti ai lavori c'è una certa lucidità nel descrivere gli intenti. Eppure, durante le interviste, sui loro occhi scende un'ombra. Sanno quanti rischi può correre questa opera in un lasso di tempo così lungo. Loro, certo, non ne vedranno nemmeno la fine. Questa consolazione non allontana l'enorme senso di responsabilità che poggia sulle loro spalle. In centomila anni, qualcosa può andare storto. Il rischio più grande rimane sempre quello di un'intrusione umana, di persone col nostro stesso senso di curiosità spinte a scoprire che cosa nascondono le viscere buie di Onkalo. Qui inizia il problema che più lascia percepire la vertigine dell'ignoto. Come comunicare, come avvertire che quello è un posto pericoloso? Qualsiasi previsione di avere una continuità della nostra civiltà si sbriciola davanti ad una scadenza tanto sbalorditiva. Per questo motivo sono numerosi i progetti per comunicare con il futuro. Adibire alcune stanze iniziali ad una sorta di anticamera informativa, dove avvisi scritti in tutte le lingue e pittogrammi espliciti segnalino la presenza di pericolo. Altri progetti sostengono la necessità di creare un ambiente che evochi la sensazione di pericolosità, più che posizionare degli espliciti "markers". Una valle di spine di cemento potrebbe suscitare molta più inquietudine di qualsiasi cartello di divieto. Ma anche in questo caso ci sono diverse scuole di pensiero. Segnalare in qualsiasi modo una zona a rischio, non ha mai fermato l'audacia degli uomini. Perciò molti studiosi ritengono che alla chiusura di Onkalo, ci si debba dimenticare di esso. Come se non ci fosse mai stato, così da non stuzzicare la curiosità di nessuno per migliaia e migliaia di anni. Il problema di comunicare a livelli così lontani dalla nostra realtà è stato oggetto di molti dibattiti nel corso della storia.



Il tentativo più spettacolare è sicuramente quello del progetto Voyager e del suo Golden Record. Il programma Voyager, lanciato nel 1977, mirava allo studio di Giove e Saturno grazie all'impiego di due sonde spaziali che, recentemente, sono uscite dall'orbita del sistema solare. Su queste due sonde sono posti due dischi per grammofono, contenenti numerose registrazioni. Una commissione guidata da Carl Sagan, astronomo e scrittore, fu appositamente costituita per questo progetto. Sagan aveva già partecipato ad un' opera simile nel 1972 sulla sonda Pioneer 10, che recava una targa di saluti da parte del genere umano: ci sono un uomo ed una donna ed una cartina stilizzata del nostro sistema solare. Il Golden Record aveva un'aspirazione ancora più grande, ovvero lasciare che fossero anche i nostri suoni a presentarci. 55 lingue diverse per portare un saluto all'universo, suoni di animali e di città, immagini del nostro pianeta, e una selezione di musiche da tutto il mondo, inclusi un canto notturno degli Indiani Navajo, Beethoven e Blind Willie Johnson. Sul disco sono riportate delle istruzioni per farlo suonare, grazie all'utilizzo di codici binari e di illustrazioni. L'esperimento, a detta della critica, ha un rilievo di carattere puramente simbolico, dato che la sonda impiegherà quasi 40.000 anni prima di avvicinarsi alla prossima stella. Un progetto studiato per l'eternità, come quello di Onkalo, ma con un intento ben diverso.

Jorge Luis Borges

Tutte le società nella storia hanno avuto la necessità di trasmettere i propri valori e di affermarli anche nel futuro. Quello che resterà, incastrato nelle profondità della terra o nello spazio remoto, racconterà qualcosa che non spiegherà appieno chi eravamo. 
L'eternità, un gioco o una faticosa speranza, come scriveva Borges, si spalanca nel suo mistero davanti ai nostri occhi e ai nostri limiti.

(grazie a Fabio per avermi suggerito Into Eternity, il documentario che racconta la storia di Onkalo)

Alessio MacFlynn







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