Encomio del Tiranno.


(Piccolo omaggio a "Encomio del Tiranno" di Giorgio Manganelli - Adelphi 1990)

C'è uno scrittore pronto a servire un editore che voglia soddisfare l'intento di pubblicare il suo romanzo, che ha come unico scopo quello di fargli guadagnare dei soldi. Si rivolge a qualsiasi editore voglia accettare questa proposta, consapevole che chi sarà pronto ad accoglierla sarà per certo un essere moralmente dubbio, pronto ad oprarsi con ogni mezzo per raggiungere i suoi fini. Un Tiranno, insomma, per cui lo scrittore vestirà i panni del Buffone. Il lungo monologo del Buffone, trascinato da un circo di ridondanti aggettivi, richiama l'anatomia politica. Pian piano si stende la fisionomia del Tiranno e della sua corte, di cui il Buffone è parte integrante, se non fondamentale.

Un attimo.

Da cosa nasce questa naturale interdipendenza, questo scambio che sta alla base del regime di cui narra il Buffone? Da una risata, quella che esplode gracida nel vuoto della bocca del padrone, e immediatamente comincia a dare forma a tutta la struttura di questo palazzo dove si affaccendano mercanti, soldati e puttane. Il servilismo diventa al tempo stesso complice e creatore.  Un Tiranno, dicevamo, un Tiranno vero, sanguinario, che non si può nascondere dietro al buonismo. Il Buffone sa che il mondo è pieno di persone per bene, di brave persone. Infatti sono pochi che si arrischiano ad indossare la ferocia del despota e a caricarsi del suo silenzio. Già, il silenzio, perché queste due maschere stanno alle estremità del silenzio, fatto dalle reciproche assenze sul palco.

Sono soli.
Il Buffone, in una solitudine vuota di idee, condita dagli scherzi volgari che gonfiano i suoi colpi bassi fatti da giri di parole ambigui.
Il Tiranno, in una solitudine affollata, circondato da una corte che gli fornisce semplicemente l'argomento su cui conversare. Usa le donne come materia di lazzi, le manda a chiamare e le rispedisce nelle stanze cariche di doni, tenendole a debita distanza dal suo regno, illudendole di condividerne una porzione.
Sono soli e si chiamano usando il tu. Un pronome confidenziale che denota l'insolenza del potere. Ed è così che il Buffone s'affida al sovrano come spalla comica, ed è proprio grazie al Tiranno che la battuta viene propiziata e si carica d'efficacia.

S'incontreranno mai questi due? Probabilmente sì, ma il luogo deve essere concordato, segreto, frutto di una strana coincidenza. E se avvenisse durante una seduta spiritica combinata? Il Buffone stuzzica il Tiranno, suggerendogli di diventare un fantasma da evocare per far spaventare i presenti, con falsi presagi e fallaci premonizioni. La tentazione è forte. L'inesistenza genera un controllo capillare ed invisibile. Non è questa l'essenza della tirannia? Insospettato, intoccabile, lontano dal giudizio e dalle sfide. Difficile saper resistere. E in che modo farà recapitare il suo invito? E che tono avrà? Il Buffone cerca di immaginare la voce del Tiranno. Infantile e vanitosa, o roca, da animale notturno tetramente attaccato alla preda?

L'intesa simbolica. Il monarca e il giullare hanno in mano il mondo, per ragioni diverse. La reggia del Tiranno è il centro del potere, ma è anche una sorta di gabbia che lo costringe all'esercizio del terrore, non può far avvicinare nessuno perché altrimenti scomparirebbe. Forse non può davvero morire, questo sovrano. Ciò condannerebbe anche i suoi sudditi all'oblio. Questo non vale per il Buffone, che col mondo ci gioca e ci scherza, consapevole che nessuna privazione potrà sfiorarlo, dato che nulla possiede.

Si trovano, finalmente, faccia a faccia.
Per qual motivo il Buffone è stato mandato a chiamare? Perché di tutti gli altri commedianti è rimasto solamente lui? Il percorso per arrivare al cospetto della sua controparte è stato lungo, è quasi impossibile distinguere quale dei due sia seduto sul trono. Sappiamo che la notte si sta avvicinando. Il Buffone ha fatto di tutto per soddisfare lo squallido sovrano, gli ha raccontato storie, lo ha fatto divertire, ha preso le sue difese anche quando altri giullari venivano fatti sparire dalla corte. E se stesse combinando l'ultimo scherzo, quello fatale, quello che solo il Buffone può giocare al despota? Se le risate cesseranno, se più nessuno troverà diletto nel deridere l'immagine opaca che si staglia come un'ombra sulla città, che fine farà il Tiranno? Forse è davvero arrivata l'ultima notte per il monarca, sarà proprio il Buffone a farla calare, augurandogli che il sole non sorga più su questo governo.

E se stesse mentendo?





Alessio MacFlynn

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