René Magritte, un'intervista.




Pubblichiamo il video con l'intervista a René Magritte (tradotta e sottotitolata) realizzata da Max-Pol Fouchet per il programma Terre des Arts del 1967. 
La traduzione è di Leonardo Stefanini.







I -     Credo che uno dei grandi sforzi essenziali della sua arte sia quello di “defamiliarizzare” ciò che è banale e familiare…

M -     Sì, in effetti credo che... ci sia un sentimento familiare della poesia e questo sentimento familiare sarebbe quello che per semplicità chiamerei il “sentimento dei turisti”, che vanno a cercare molto lontano la poesia e la poesia che essi trovano, la conoscono da prima. Si tratta di una poesia familiare data da cose molto lontane. In quel modo il familiare può divenire l'occasione per scoprire la poesia che non è familiare. La poesia sconosciuta.

"La traversata difficile", così si intitola questo quadro. Traversata delle apparenze, senza dubbio, attraverso un occhio che ha il potere di superare l'opacità. L'opera di Magritte è un teatro meraviglioso.

I -     Lei pensa che ci possa essere nell'uomo una sorta di desiderio di vedere degli oggetti che abbiamo l'abitudine di vedere in un certo stato o in una certa situazione? Un desiderio di vederli altrove rispetto a dove sono abitualmente? 

M -     Sì, credo che nel profondo abbiano questo desiderio. Già da molto tempo esisteva il desiderio di vedere l'uomo in aria, e si è pensato all'aeroplano. Si voleva vedere l'uomo dove non si era abituati.

I -     La pittura di Magritte non ci appare forse come una vita segreta che abita il mondo? 

C -     Sì, in realtà penso che ci mostri un'altra faccia delle cose. Ci mostra il prolungamento dell'immagine concreta nei suoi aspetti più astratti, se vogliamo, ma dal punto di vista del pensiero. Ecco perché non parlo mai di pittura quando si tratta di Magritte, bensì di "pensieri-immagine". E tengo molto a questa parola perché credo che il pittore concepisca ogni cosa come il frutto di un'illuminazione che gli disvela il mistero delle cose, il mistero del mondo attraverso la cosa contemplata. Ed è proprio in quel momento che ci libera e diventa prezioso e insostituibile. 

M -     Quello che faccio io è creare delle immagini in cui si mostra, se vogliamo, il contrario di quest'idea della poesia che vuole accostate delle immagini lontane. È come una porta in cui c'è un'apertura attraverso la quale... si può passare. Attraverso quest'apertura si può guardare il cielo o anche la strada, certamente. Tutte le cose visibili nascondono altre cose visibili e in questo caso è il cielo o la notte...

I -     Lei dà dei titoli che sono già di per sé delle poesie, ma che possono sorprendere lo spettatore dei suoi quadri. Lei mostra, ad esempio, delle mele che portano la maschera e l'ha chiamato... 

M -     "Il prete sposato". 

I -     Ecco, bene, allora è evidente che cerca di sorprendere lo spettatore...

M -     Sì.

I -     Perché avete dato un titolo del genere a quest'opera?

M -     Perché se il titolo viene dall'autore dell'immagine, allora bisogna che sorprenda lo spettatore.

I -     E che sia una sorta di testimonianza dell'autore stesso.

M -     Ma che corrisponda al quadro, non in modo razionale o logico, ma in modo poetico.

I -     Si prova, a volte, una sensazione molto strana osservando la sua pittura... io vedo una roccia sospesa nel mezzo del cielo e lì per lì provo un sentimento di angoscia ma immagino che si possano provare anche altre cose...

M -     Sì, lei ha provato questo sentimento di angoscia perché è sensibile a quest'immagine. Se si è sensibili bisogna provare vertigini e angoscia, ma d'altra parte non credo che il mistero sia qualcosa di conoscibile, è l'inconoscibile. Ed è possibile che questo inconoscibile allo stesso modo provochi della gioia in noi. È proprio quando incontriamo un'immagine dell'ignoto che possiamo sentirci spaesati. Invece credo che, in realtà, siamo a nostro agio. Siamo esattamente là dove desidereremmo trovarci.


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