Se è vero, come credo, che un buon metro di giudizio del valore di un'espressione artistica sia lo sconvolgimento d'animo che questa provoca nello spettatore, e il continuo soffermarsi a riflettere su quanto visto, nel tentativo di darne una propria chiave di lettura, a cui la stessa lo induce, posso con certezza affermare come La resistibile ascesa di Arturo Ui di Eugen Berthold Friedrich Brecht, detto Bertolt, sia un'opera di immensa caratura, dato che poche volte ho potuto sperimentare su me stesso un livello così dirompente di tali sensazioni come dopo aver visto questa rappresentazione teatrale
A onor del vero, devo ammettere di essere un completo neofita per ciò che riguarda il teatro, e, quindi, quanto affermato finora potrebbe essere dettato dal non avere buoni termini di paragone. Tuttavia, sono fermamente convinto che il valore dell'opera sia assoluto, anche se mi riprometto di proseguire quanto prima possibile il percorso di scoperta artistica.
Doveroso è, per chi non lo conoscesse, un piccolo cenno storico/bibliografico sull' autore, i cui tratti salienti riguarderanno l'opera della quale voglio parlare, omettendo volutamente gli accadimenti che, non per importanza, ma per praticità, risulterebbero superflui.
Brecht è considerato una delle più importanti figure nel panorama artistico tedesco, se non mondiale, del XX secolo.
Nacque ad Augusta il 10 febbraio 1898.
Fu costretto all' esilio dopo che, nel 1933, la rappresentazione di Linea di condotta venne interrotta dalla polizia, e i produttori vennero accusati di alto tradimento.
Il 28 febbraio, giorno successivo al rogo del Reichstag, lasciò Berlino, e cominciò la sua personale Odissea.
Come spesso accade, al periodo più tormentato della sua vita corrispondono le opere di maggiore rilevanza.
Nel 1941, mentre di trovava ad Helsinki, in sole tre settimane scrisse l'opera alla quale mi riferisco.
La resistibile ascesa di Arturo Ui è una trasposizione nella Chicago capitalistica dell' ascesa al potere di Adolf Hitler.
Berlino diventa Chicago. L'Austria che subisce l' Anschluss (annessione) alla Germania diventa Cicero che la subisce a Chicago. Hitler che si ritrova nei panni del feroce gangster Arturo Ui... e via discorrendo per tutti i luoghi e i personaggi della pazzia nazista.
Un' allegoria satirica in cui, come sempre, il tono scherzoso stigmatizza l'orrenda realtà di un potere feroce e corrotto molto meglio di qualsiasi seria invettiva.
Una risata sguaiata che molto si allontana nella forma da un urlo di rabbia, ma che non meno fa riflettere.
Molti sono gli spunti che, una volta superata la fase dell'ilarità, ci aprono la mente e ci ricordano come "non sfugge dal passato chi dimentica il passato". Proprio quel tremendo passato che alcuni irrimediabili nostalgici di epoche spesso non vissute, hanno l'ardire di considerare un' età dell'oro dell'umanità.
Un tratto molto interessante della rappresentazione è la sua astrazione dal reale.
Infatti, proprio il raccontare la fantomatica ascesa di un fantomatico despota fa sì che la si possa riferire a tutti quei paralleli storicamente esistiti che questa terra ha ospitato, e continua ad ospitare.
Una denuncia senza luogo e senza tempo. Una denuncia universale dell' infamia della quale l'animo umano spesso si macchia.
Ma ciò che più mi ha colpito è la continua ostentazione dei cavoli e della necessità della loro abbondanza.
A mio sommesso parere, questi vegetali, che certo non spiccano per gusto e raffinatezza, stanno a simboleggiare la svilimento delle coscienze. Uno svilimento certamente dettato dalle pessime condizioni economiche, principale contesto di incubazione di sistemi totalitari, ma che da queste non è giustificato.
La decisione degli Junker prussiani (proprietari terrieri), qui dipinti come "quelli del Trust dei cavoli", di corrompere il presidente Hindenburg (il ricco e onesto cittadino Dogsborough) per ottenere sovvenzioni, e quella di Hindenburg di farsi corrompere ed esporre, così, il fianco al ricatto di Hitler, sono figli di una società che ha perso il lume della ragione e della fratellanza.
Un monito: non di soli cavoli vive l'uomo!!!
Una lezione di vita che ci insegna ad andare oltre le nostre necessità più infime, e, soprattutto, a far sì che queste, sebbene acute, non si antepongano mai al più nobile Bene Comune.
Ed è proprio la possibilità che la coscienza umana ha di distaccarsi dalla cieca necessità dei "cavoli" che rende qualsiasi ascesa di qualsiasi "Arturo Ui" realmente "resistibile".
E non si resisterà a nessuna ascesa se i "cavoli" continueranno ad essere la propria priorità.
Anche grazie al coinvolgimento emotivo che il teatro immancabilmente induce nello spettatore (si nota che sono rimasto molto entusiasta?), durante la visione di quest'opera ci si sente come immersi nel Fiume della Storia. Un fiume in piena che arriva da una fonte che, nel bene e nel male, non può essere mutata, ma il cui futuro corso, per potere conferitoci dal nostro libero arbitrio, dipende interamente da come sapremo indirizzarlo.
Siamo noi i posteri a cui compete l'ardua sentenza su ciò che fu.
Siamo noi i contemporanei ai cui figli competerà l'ardua sentenza su ciò che è.
Battiamoci perché ciò che è sia sempre meglio di ciò che fu.
"Il lavoro rende cavoli"
Massimo McMutton
Cliccate sul "like" per diventare Fan su Facebook,
sul "mi piace" per condividere il post sulla vostra bacheca,
e sul "tweet" per condividere il post su Twitter
0 commenti:
Posta un commento