Come si riconosce il Diavolo, se si traveste da Angelo?
Luigi Malerba, Il serpente (1966)
Nel paradiso terrestre si muove il più astuto tra gli animali. Con l'inganno, il serpente tenta la creazione divina e la sua perfezione. A guidarlo è il bisogno di vendetta, il primo capitolo della sfida eterna. Il serpente è l'Avversario, e l'Avversario si chiama Satana. Tra il romanzo di Luigi Malerba e quello di Emmanuel Carrère c'è un legame molto particolare, già a cominciare dai due titoli. Ed è dal racconto dello scrittore francese che voglio iniziare a spiegare l'incastro tra L'Avversario (Adelphi, 2013) e Il serpente (Mondadori, 1966).
Jean-Claude Romand, rispettato medico e facoltoso membro dell'OMS, stermina la sua famiglia nella notte del 9 gennaio 1993. Emmanuel Carrère comincia ad interessarsi da subito al caso, scrivendo direttamente a Romand per ottenere l'autorizzazione ad un incontro. Scorrendo a ritroso la vita di Jean-Claude, Carrère cerca di rintracciare il momento in cui il giovane studente di medicina, lasciando marcire quelli che potevano scivolare via come minimi fallimenti e semplici delusioni, sceglie di cambiare in modo permanente la sua muta. Logorato dal senso di colpa per aver saltato un esame, si rinchiude nella sua stanza e, come nel romanzo di Georges Perec "Un uomo che dorme", comincia a perdere contatto con la realtà. Il distacco che vive Jean-Claude Romand è uno scollamento interiore. A poco a poco la verità cede il posto alla costruzione di una vita immaginaria. La sua falsità contamina le vite della sua famiglia e dei suoi amici, costringendolo spesso alla vile scappatoia della compassione. L'odore della sua responsabilità è impresso nelle lenzuola sudate dove si rivolta quando il terrore di essere scoperto lo tormenta. Se Jean-Claude è riuscito a crearsi un' identità, è stato grazie alla fiducia ispirata dalla sua apparente mediocrità. Romand è un cittadino esemplare: la sua famiglia, il suo lavoro e il suo senso di umiltà ispirano sicurezza. Nessuno sospetta di lui, della sua attività e della sua routine. Il serpente, nel frattempo, ha preso completo possesso della sua vita, accompagnandolo per quasi vent'anni sino all'agghiacciante strage: oltre alla moglie Florence e ai figli Antonie e Caroline (5 e 7 anni), Jean-Claude uccide anche i suoi genitori. Dopo aver tentato il suicidio, viene salvato dai pompieri venuti a spegnere l'incendio nella sua abitazione.
Ai miei occhi, ciò che lei ha fatto non è il gesto di un comune criminale, né di un pazzo, ma di un uomo spinto agli estremi da forze che non controlla, e vorrei mostrare all'opera proprio queste terribili forze.
(dalla lettera di Emmanuel Carrère a Jean-Claude Romand)
Il serpente, di Luigi Malerba, è incentrato sulla vita di un venditore di francobolli, sposato, abitudinario quanto basta e ossessionato da paranoie e gelosie. Ogni capitolo è seguito da una breve pagina in corsivo, una sorta di diario, a tratti disorientante e incomprensibile. Sempre in uno degli appunti in corsivo, senza apparenti riferimenti alla storia, il protagonista parla della caccia ai mostri occulti. Esistono ed operano? La risposta è sì. Per catturarli basta uno spillo o un amo da pesca. Una piccola svista, una distrazione o una contraddizione, ed ecco che la maschera può cadere. Ma l'effetto non è sempre rivelatore. La bravura nel sapersi mimetizzare, si trasforma in vanità. Il serpente svela a poco a poco le tecniche che sfrutta per custodire il suo segreto. Lo fa in modo banale, senza fermarsi sui dettagli, cambiando presto discorso e rimproverando agli altri di aver fantasticato troppo sulla sua vita. Lo fa soprattutto con la sua amante, Miriam. La storia tra i due è dissezionata morbosamente, con numerosi accenni alle doti amorose del protagonista che non nasconde di essere un discreto seduttore, armato di parole efficaci e bugie mirabolanti. L'idillio dura molto poco, cedendo il passo ad una gelosia morbosa. Il serpente non trova altra via d'uscita, i sospetti lo tormentano fino alla decisione finale: uccidere Miriam e mangiare il suo corpo. Quando si reca in commissariato per confessare il reato, la deposizione si trasforma in una lunga e confusa testimonianza di un fatto che non sembra sussistere.
Jean-Claude Romand vive per riempire il suo personaggio. Anche lui ha un'amante, Corinne. Per lei spende i soldi ottenuti in prestito da familiari e amici a cui ha promesso di investirli in Svizzera. In bilico tra la voglia di voler vomitare fuori vent'anni di falsità e la sicurezza fragile del suo ruolo, Jean-Claude capisce che non ha via di scampo. Sarà proprio l'insistenza di Corinne, che vuole riavere indietro il suo denaro, ad accelerare il tracollo.
Tutti e due i romanzi si chiudono con un dubbio. Il venditore di francobolli si confronta con i suoi fantasmi, ossessionato da una storia che non sa più ricordare. Forse perché è solo un prodotto della sua mente. Jean-Claude Romand, invece, sembra aver iniziato a percorrere, con l'aiuto della fede, la strada del pentimento. Carrère non nasconde che dietro questa svolta si possa celare la costruzione di una nuova maschera. Due storie senza una fine vera e propria. Lo stesso personaggio di Malerba, mentre tenta invano di mettere insieme i pezzi della sua storia, capisce che è inutile fare i conti con il male:
In realtà non si dovrebbe né incominciare né finire, perché le cose che succedono non succedono con un principio e una fine, si diramano in tutti i sensi e vicino a una cosa ne succede sempre un'altra e un'altra ancora, così le cose succedono in tutti i sensi e in tutte le direzioni e non puoi tenergli dietro con la scrittura, e un mezzo per tenere dietro alle cose che succedono gli uomini non l'hanno ancora inventato.
In questo video Emmanuel Carrère legge un estratto del suo libro.
Ho aggiunto i sottotitoli riprendendo la traduzione di Eliana Vicari Fabris:
Alessio MacFlynn
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