Le mani di Georges Perec, 1976. |
Dopo aver salito le scale del primo capitolo di La vita istruzioni per l'uso, si prova un certo smarrimento. Uno smarrimento paragonabile a quello di chi, una volta posizionati tutti i pezzi di
un puzzle con la faccia del disegno rivolta verso l’alto, dovesse decidere con quali tessere iniziare a ricostruire l'immagine. Seguendo l’illustrazione della
scatola, si cercano angoli e linee che delimitino lo spazio da riempire. Si tratta di molteplici romanzi, come dice lo stesso Georges Perec, tante storie fatte per
essere unite insieme, secondo uno schema matematico che prende in
prestito una mossa degli scacchi e si compone attraverso un galoppo di immagini
e di storie.
È il 16 maggio del 1984, quando Italo Calvino scrive di questo libro, sei anni dopo l’uscita in Francia e due anni dopo la morte di Perec. Poche settimane dopo, Calvino avrebbe ricevuto l'invito per le sue Lezioni americane. Nella sezione dedicata alla Molteplicità, dice: “Nessuno più immune di Perec dalla piaga peggiore della scrittura d’oggi: la genericità.” Programmando un sistema di regole fisse, Georges Perec fonda uno stile che sfida la rigidità, quasi una sorta di contraddizione, una gabbia invasa dall'edera delle sue stesse parole. Il libro di Perec, secondo Calvino, è “l’ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo”. Ha un’identità fortissima, resa ancora più visibile, trent'anni dopo, dalle infinite discussioni che ruotano attorno a vita, destino e utilità dei libri. Gli spigoli del capolavoro di Perec, l’assenza di bordi lisci, gli elenchi, le descrizioni minuziose e la ricerca incessante, sembrano averlo trasformato in una sorta di manifesto politico, una presa di posizione contro la superficialità dei tempi, un invito alla scoperta della bellezza nelle sue forme più complesse. Un classico, senza ombra di dubbio, "che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani."
È il 16 maggio del 1984, quando Italo Calvino scrive di questo libro, sei anni dopo l’uscita in Francia e due anni dopo la morte di Perec. Poche settimane dopo, Calvino avrebbe ricevuto l'invito per le sue Lezioni americane. Nella sezione dedicata alla Molteplicità, dice: “Nessuno più immune di Perec dalla piaga peggiore della scrittura d’oggi: la genericità.” Programmando un sistema di regole fisse, Georges Perec fonda uno stile che sfida la rigidità, quasi una sorta di contraddizione, una gabbia invasa dall'edera delle sue stesse parole. Il libro di Perec, secondo Calvino, è “l’ultimo vero avvenimento nella storia del romanzo”. Ha un’identità fortissima, resa ancora più visibile, trent'anni dopo, dalle infinite discussioni che ruotano attorno a vita, destino e utilità dei libri. Gli spigoli del capolavoro di Perec, l’assenza di bordi lisci, gli elenchi, le descrizioni minuziose e la ricerca incessante, sembrano averlo trasformato in una sorta di manifesto politico, una presa di posizione contro la superficialità dei tempi, un invito alla scoperta della bellezza nelle sue forme più complesse. Un classico, senza ombra di dubbio, "che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani."
In questa intervista, realizzata da Viviane Forrester per France 2 nel 1976, Georges Perec parla del suo libro, dei progetti in corso e della sua idea di letteratura.
Ringrazio Aurélie Ramos per avermi aiutato con la trascrizione.Georges Perec legge un estratto da Le città invisibili, di Italo Calvino.
Georges Perec legge Un uomo che dorme (Un homme qui dort). Traduzione di Jean Talon (edizioni Quodlibet).
Georges Perec legge Mi ricordo (Je me souviens). Traduzione in italiano di Dianella Selvatico Estense per le edizioni Bollati Boringhieri.
1 commenti:
no vabbè, io il 6 maggio cercavo questo video coi sottotitoli in italiano. grandi
Posta un commento