Il Ministro
dell’Interno era al centro della stanza, contemplando tre abiti appoggiati ad una sedia.
Uno era di un azzurro cielo pallido; l’altro era marroncino, di materiale
leggero, pensato per quelle estati terribili, l’ultimo era un pesante tre pezzi
all'inglese in lana pettinata, grigio, per le visite di Stato. Erano
accatastati l’uno sull'altro senza alcun ordine, tre cadaveri in un mucchio. Il
resto della stanza di marmo – a sua moglie piaceva chiamarlo il “salone” – era
nelle scatole, contrassegnate, ottimisticamente, con l’indirizzo del mittente. Entro un’ora, l’efficiente giovane Ari avrebbe guidato il Ministro
verso l’aeroporto, e da lì – se tutto fosse andato bene – sarebbe partito per
raggiungere sua moglie e i bambini a Parigi. Neanche un minuto dopo essere uscito dal
viale con la macchina, ne era sicuro, il personale domestico si sarebbe gettato su
quelle scatole come bestie selvagge su una carcassa. Il Ministro dell'Interno strofinò una gamba dei pantaloni del completo grigio tra le dita. Almeno era
fortunato che il dipinto più importante nella casa fosse anche il più piccolo:
una miniatura di van der Neer, che, nell'intreccio tra luce ed acqua, lo
faceva stranamente ripensare al suo antico villaggio. Entrava senza problemi nella sua borsa porta
abiti, avvolto in una federa. Tutto il resto bisognava rassegnarsi a perderlo:
foto, vestiti, statue, il piano - persino i libri.
“Così va la
vita,” disse ad alta voce il filosofico Ministro, sorprendendo se stesso – era
una frase di un’esistenza precedente. “Così va la vita.” Senza mobili, senza
tende, la sua voce era salita senza ostacoli fino al soffitto, come in una
chiesa.
“Mi ha chiamata,
signore?”
Elena era ferma
nell'ingresso, più affranta di quanto l’avesse mai vista.
“Chiamata? No ...
no.”
Sembrava non ascoltarlo. I suoi occhi erano posseduti da uno sguardo perplesso, aperti, ma senza vedere.
Era lo stesso sguardo che il Ministro aveva notato in tutti quei ritratti di
eroici contadini che ora erano appoggiati contro il muro.
“Giorni
difficili, Lele,” disse il Ministro, sollevando il vestito blu e cercando di non
farsi scoraggiare dalle sgualciture. “Giorni difficili.”
Elena attorcigliava
il grembiule con le mani. I suoi bambini, sapeva che viveva sul mare con i suoi bambini. Lungo tutta la costa la rete telefonica
era stata distrutta.
“Dio è potente,”
disse, e piegò la testa. Poi: “Dio ha mandato questo vento.”
Il Ministro
sospirò, ma non la corresse. Venivano entrambi dallo stesso villaggio, cugini
alla lontana – lei aveva un prozio con il cognome della madre di lui. Apprezzava la sua semplicità. Aveva fatto molto per i suoi bambini nel corso
degli anni, e per lui, sempre con la stessa devota sincerità,che, per il Ministro,
era un ricordo del suo villaggio così come lo erano i cestini intrecciati in vimini
e gli scialle vivacemente colorati della sua infanzia. Ma perché prostrarsi così tanto, come se lei fosse l’unica persona a soffrire?
“Fosse stato solo
il vento!”, disse il Ministro, inclinando la testa per guardare attraverso il
lucernario mancante. “Avevamo
delle misure d’emergenza in caso di raffiche. Non è vero che non eravamo
preparati. Questa è una bugia maligna della stampa straniera.” Indicò un albero
di limoni fuori dalla finestra, spezzato e parallelo al terreno. “La
combinazione di vento e acqua. Alla fine, è stato quello che si è rivelato così devastante. Per quello
che ne so, la maggior parte nel sud sono morti per annegamento.”
Guardò con
rimprovero il suo viso gonfio, reso ancora più gonfio dalle lacrime, e ai
nastri del grembiule, che ritagliavano
un rotolo circolare di grasso. Perché i suoi capelli erano così radi? Si
passavano solo uno o due anni di differenza. Ma, di certo, lui non si era mai
sentito vecchio, e di conseguenza non lo era mai sembrato. Un caso evidente,
agli occhi del Ministro, dell’importanza della mente sulla materia.
“Dio è così potente,”
disse Elena, e cominciò a piangere nelle sue mani.
Senza rendersene
conto, il Ministro pensò alla sofferenza di Elena e la moltiplicò per la
popolazione. (Sondando le sensazioni istintive
della donna, era stato in grado di prevedere correttamente tre elezioni,
le condanne a morte di alcuni noti criminali e i vincitori di mezza dozzina di
programmi canori in televisione.)
Poggiò una mano
leggera sulla sua spalla.
“Sfortunatamente,
questi eventi atmosferici sono democratici. Grandi paesi, piccoli paesi.
Veniamo tutti presi di sorpresa. Non è possibile prepararsi del tutto.”
“Che Dio aiuti i
bambini!” esclamò Elena. Si abbandonò nella sua mano, come una mucca
che spinge la porta di una stalla. Delicatamente, il Ministrò la fece
sollevare.
“Beh, quando ci
saremo stabiliti a Parigi, Lele, li manderemo a prenderti.”
“Sì, Ministro,”
disse Elena, ma continuò a piangere senza sosta, come se avesse appena detto
“Quando ci saremo stabiliti a Parigi, non avrai mai più nostre notizie.”
“Ministro,” disse
Ari, apparendo nell'ingresso.
Il Ministro fece un passo in avanti e strinse la domestica
al petto. La ragazza di vaghe fantasie erotiche era svanita, nelle sue braccia teneva una donna anziana,
facilmente confondibile con sua madre. Difficile credere che lei una volta
fosse stata il dolce sollievo dallo sconvolgimento e dalla noia della prima
gravidanza di sua moglie, per tutti quei mesi, in questo clima spietato, con
una donna così complicata e viziata. Adesso la più giovane figlia del Ministro
stava compiendo diciassette anni, e sua moglie sperava di presentare la bambina
come debuttante in un grand hotel di Parigi, cercando qualche tipo di
opportunità in quella crisi. Pensando a questo fatto peculiare, il Ministro si
era bloccato su una frase: sono più
lontano dal mio villaggio ora di quanto lo sia mai stato. Corsivato proprio
così, nella sua mente. Turbato, si tirò indietro, ficcando nelle mani della
donna una mazzetta di banconote spessa quattro centimetri, che, per la prima volta nella loro storia, lei non aveva finto di non
poter accettare, prendendola da lui come qualsiasi mendicante della strada,
piegandola, piangendo ancora un po’.
“L’ora, Ministro,” fece Ari,
picchiettando sul polso.
Il Ministro non
metteva piede fuori da tre giorni. Finora la
devastazione che gli scorreva davanti aveva riservato poche sorprese, forse perché le
troupe televisive straniere filmavano solo così, dal finestrino di un veicolo
in movimento. Per il primo miglio o quasi, la magnitudine di quello che era successo
non era affatto ovvia. Lì sopra, la tempesta aveva abbattuto solo un albero su
tre, fatto esplodere un paio di finestre, e conficcato un generale di pietra e
il suo cavallo dritti nel terreno. Nel momento in cui giunsero nella valle,
tuttavia, qualsiasi speranza che la televisione avesse esagerato venne
distrutta. L’acqua si era ritirata, lasciandosi dietro di sé un mondo composto da brandelli di plastica,
legno e corde. Sotto al muro che una volta circondava la piazza per le
parate, il Ministro scorse diverse paia di piedi, gonfi e viola, liberati dalle
scarpe. Se Ari avesse rallentato anche solo per un istante, si sarebbe sentito il suono
delle mani che battevano sul bagagliaio, ma non rallentò quasi mai, e il Suv
travolse qualsiasi cosa sul suo percorso. Il Ministro pensò ai suoi figli
mentre intraprendevano lo stesso viaggio quarantotto ore prima. Attraverso i
vetri oscurati osservò la sua gente rovistare tra una montagna di detriti in
cerca di cibo. Gemette e pianse con discrezione in un fazzolettino.
“Oh, non voglio
sentire questa roba.”
Il Ministro – che
non aveva pensato di poter essere visto o udito – percepì un’ondata di
umiliazione e collera, che lo fecero irrigidire contro il sedile, infiammando
la punta delle sue orecchie.
“Non era molto
d’aiuto prima” – Ari picchiettò il navigatore satellitare attaccato al
parabrezza. “ E non serve a nulla adesso. Se una strada mi sembra a posto, la
prendo. Altrimenti devio. Per lei va bene, Ministro?”
“Sì, sì, fa' come
credi.” Il sangue che era salito alle sue estremità ritornò da dove era venuto.
La sua lingua si rilassò; la faccia perse quella smorfia deforme. Si asciugò
l’umidore dalle guance, ripiegò il fazzoletto a punta di diamante e lo ripose
nella tasca in alto del suo completo grigio.
“Certo, l’intero
sistema è collegato ad un satellite militare americano,” disse il Ministro,
sporgendosi in avanti ad osservare la deludente tecnologia mentre suggeriva
strade inaccessibili e indicava un ponte non più esistente. “Se gli americani dovessero mai decidere di
spegnerlo, verremmo tutti catapultati nell'oscurità. Metaforicamente parlando.”
Ari scosse la
testa: “Sarebbe un disastro.”
Attraverso il parabrezza poterono vedere un ammasso di
gente raccogliersi in attesa fuori da un ufficio municipale vuoto. Mentre
l’auto si avvicinava, le teste iniziarono a girarsi, seguite da mani portate
all'altezza della gola, che davano colpetti sulla pelle in quel punto, a
ripetizione, come una specie di richiamo di
accoppiamento collettivo. Il Ministro sfoderò una penna e un taccuino dalla
tasca interna e annotò la località. Per chi, e a quale scopo, non lo sapeva
più.
Ari si asciugò la
fronte con la manica. “Non possiamo passare per di qua.”
“Noi non stiamo per passare”, lo corresse il Ministro.
“Noi ci stiamo per fermare. Ci sono tre casse d’acqua nel bagagliaio. ”
Ari fece
un’espressione incredula nello specchietto retrovisore.
“Saranno
nuovamente assetati quando calerà il sole. Nel frattempo lei avrà perso il suo
volo.”
Il Ministro
recuperò il fazzoletto per occuparsi del sudore sulla sua fronte.
“La tua
generazione è così cinica. Dovresti aiutare ogni singolo individuo che incontri,
Ari, di riflesso, senza pensarci.” Ari poggiò la testa sul volante. “Qui ci
troviamo di fronte ad una fondamentale debolezza della dottrina di Cristo,”
dichiarò il Ministro, facendo quella faccia saggia e affidabile che aveva sempre
avuto un certo successo durante i suoi interventi televisivi. “Si preoccupa troppo della
coscienza, dei fondamenti logici e così via. Ora, io stesso sono uno
studioso della natura umana. Osservo ogni fede e traggo le mie conclusioni. Per
esempio, se un cristiano vede un mendicante per strada, comincia a torturarsi.
Dovrei dargli i soldi che ho nelle tasche? E se li usa per comprarsi da bere? Che succede
se li spreca? E se ci fosse qualcun altro che ne ha più bisogno? E se fossi io
ad averne più bisogno? E così via. Gli ebrei, i musulmani – vedono un
mendicante, gli danno i soldi e se ne vanno. L’azione si giustifica da sé. ”
“Io non sono
cinico,” obiettò Ari. “Come potrei essere cinico? Il fatto è che sono
buddista.” Esaminò i suoi capelli nello specchietto laterale e schiacciò il
tasto del finestrino posteriore. Aria
fetida – che il Ministro aveva precedentemente messo in chiaro di non voler
respirare – invase l’abitacolo.
“Accosta qui.
Guarda, non ho intenzione di insultarti – io poi non sono nessuno, come ho
detto, solo uno studioso della natura umana, non c’è modo di sentirsi offesi.
Distribuiamo quest’acqua, va bene? Poi possiamo proseguire.”
Con un gran
sospiro, Ari guidò fino a quando non
furono a meno di tre metri dalla folla. Qui si fermò, lasciando il motore
acceso. Il Ministro, che non era un uomo alto, fece dondolare i suoi piccoli
piedi verso destra, provò ad aprire lo sportello un paio di volte, chiese ad
Ari di togliere il blocco per i bambini, e saltò in una melma che gli arrivava
alle caviglie. La sua scarpa sinistra venne via e fu sommersa. Catturando
l’attenzione di un’attraente contadina che portava in braccio un bambino
cicciotto – sui sei o sette anni – pensò di cogliere nella sua espressione
ansiosa il dilemma dell’intero gruppo. Mantenere la propria posizione? O rischiare di perdere il
posto per un omino sospettoso che ancora si preoccupava delle sue scarpe?
“Acqua!”, urlò il
Ministro – questo interruppe il momento di stallo. Aveva recuperato la sua
scarpa, e ora, senza averlo pianificato, si ritrovò a spalancare le braccia.
Era forse venuto per abbracciarli tutti?
“Abbiamo
dell’acqua! Prima le donne e i bambini!”
La folla gli
corse incontro, ignorando le sue istruzioni. Si allontanò da loro, camminando goffamente nella
melma verso il bagagliaio. Il primo a mettergli una mano addosso fu un uomo di
mezza età con una ferita alla testa che aveva bisogno di essere medicata. Per
un momento, sembrava aver riconosciuto il Ministro. Tuttavia, anche se fosse stato riconosciuto, sarebbe
stato del tutto inutile. C’erano state cose che contavano, prima della
tempesta, e cose che avevano importanza ora, e il Ministro capiva perfettamente
di appartenere alla prima categoria. A chi poteva importare, oggi, del Blocco dei Capelloni? Gli
uffici del Ministro, così come gran parte del governo, erano stati rasi al
suolo; osservando un tale caos nel notiziario, perfino il Ministro non era
stato in grado di sbarazzarsi di quella nozione infantile che era stata schiacciata per terra. Che cos'era un
Ministro senza un ministero?
“Per favore, ti
scongiuro – aiuta la mia famiglia.” Così disse l’uomo con la ferita. In quello
stesso momento, la testa di Ari sbucò dal finestrino. Questo lasciò poca scelta
al Ministro, se non mettere mano al portafogli, tirar fuori le banconote
rimanenti e porgerle nelle mani dell’uomo, una parte delle quali venne
immediatamente presa da una ragazzina, che a sua volta si vide portar via la
propria parte da qualcun altro, e a quel punto il Ministro, accerchiato, si
rimboccò le maniche e si voltò per chinarsi verso il bagagliaio. Lo colpì un
paio di volte con un pugno imperioso, si aprì, come per magia. La prima cosa da
fare era strappare la plastica che ricopriva le casse e nel frattempo
tentare un rapido, impreciso calcolo del numero di bottiglie per ogni fila. Ma
la plastica non venne rimossa così facilmente, e, prima che avesse finito di
strapparne anche solo un angolo, sentì tante mani che si allungavano addosso a
lui, spingendolo da una parte, buttandolo per terra. Tempo di rialzarsi sulle
ginocchia, cadere di nuovo, aggrapparsi al paraurti e trascinarsi su, che le casse erano andate, le persone stavano ritornando di corsa
verso l’edificio comunale e tanti piccoli litigi erano scoppiati. Il Ministro
restò in attesa a lato del veicolo e passò rasente al portellone posteriore,
con una scarpa persa per sempre nel fango. Si sollevò a fatica sul proprio sedile. Senza fare commenti, Ari gli passò
una vaschetta di salviette umidificanti. Senza fare commenti, il Ministro la prese.
Prima della
tempesta, probabilmente il Ministro avrebbe impiegato un’ora per raggiungere
l’aeroporto. Ora il sole scendeva da una parte del cielo, mentre la luna saliva
dall'altra. Osò dare un’occhiata al proprio orologio. Erano passate cinque ore
da quando aveva promesso ad Ari che non avrebbe più tentato di scendere
dall'auto.
“Ma non posso
resistere ulteriormente. Temo che sia inevitabile, Ari.”
“Ministro, tutto
è evitabile.”
“Vuoi che mi
pisci addosso? È così?”
“Non dovrebbe
fare promesse che la sua vescica non può mantenere”, disse Ari, facendo
riflettere il Ministro sul fatto che nessuno possa veramente dire di conoscere
una persona, finché non si ritrova in una situazione estrema insieme ad essa.
“Ti dico che è
inevitabile!”
“Beh, non so dove crede mi possa fermare. Tutta questa gente sta cercando di arrivare in
aeroporto. Se ci fermiamo mi taglieranno la gola!”
“Stai diventando
isterico,” disse il Ministro. Indicò una chiesa in mattoni le cui quattro mura
stavano ancora inseme, fornendo l’unico spazio d’ombra per miglia.
Ari parcheggiò
esattamente davanti all'entrata, come un autista che consegna una sposa.
C'erano persone ovunque, insieme a macchine e furgoncini e camion dei
notiziari. L’arrivo di un piccolo uomo ben vestito con una scarpa sola non
aveva attirato molto l’attenzione. Il Ministro si fece largo tra una massa
inerte di persone finché non raggiunse il cortile dietro alla chiesa, dove si svuotò
contro un frammento impolverato di muro blu, guardando con interesse mentre tornava
vivido come il mantello della Vergine. Da qualche parte, alla sua destra, una
troupe tedesca prestava un microfono panoramico a quella americana. “C’è una
donna lì dentro che accende candele, prega,ecc...” disse una voce americana.
“Il suo inglese è piuttosto buono.” Al che un tedesco rispose, “ Io penzo che abbiamo
ripreso abbastanza chiesa.” Il Ministro
si tirò su la lampo e tornò indietro, con quanta più dignità riuscisse a
gestire, verso la folla pressante, accettando il sudore di tanti sconosciuti. Persone senza
direzione o meta, che schiacciavano svogliatamente le mosche, gironzolavano
senza altro scopo se non essere le une tra le altre.
Ebbe un flash di
Ari, che fumava loscamente fuori dal finestrino – prima che un uomo alto gli
coprisse la visuale. Accorsero sempre più persone e il Ministro non poté
proseguire oltre. Poi urla improvvise ed uno schianto; tutti si girarono per
affrontare i violenti raggi di sole ad ovest, e l’ombra scura di un camion,
da cui due figure, sagomate, lanciavano sacchi nel mezzo della folla. Farina di
granturco? Riso? Perché non chiedevano di mettersi ordinatamente in fila?
Perché causare il massimo della confusione? Di fianco al Ministro, una donna
isterica teneva il suo bambino al di sopra della propria testa e piangeva. Uno
spettacolo piacevole per la stampa estera! Un sacco stava arrivando verso di
loro; il Ministro gentiluomo si mosse per spingere la donna lontano dal suo
percorso. Fu ricompensato da un poderoso pugno ignoto che incontrò la sua tempia sinistra. Ancora una volta si
ritrovò per terra, a contemplare i piedi scalzi dei suoi conterranei.
Dolorante, invocò l’aiuto di Ari; Ari sentì, Ari rispose – ma poi non accadde nulla. La folla era troppo densa da
penetrare. Il Ministro decise di farsi strada gattonando su mani e ginocchia e
in questo modo riuscì a procedere.Si trovava a circa un metro dalla macchina, quando venne rimesso
rozzamente in piedi e rimproverato da un paio di enormi mani pelose.
“In piedi, in
piedi – abbiamo bisogno che stiano tutti in piedi, se riescono! Croce Rossa!
Croce Rossa! ”
L’uomo che stava
urlando era robusto e oscuro, con un naso rotto
da pugile, magro, capelli neri setosi tagliati alla Cesare, e il mento con una
grande, sgraziata fossetta. Era in uniforme, e, nonostante la confusione del
momento, qualcosa nel Ministro aveva registrato l’insensatezza di ciò, nei
termini sia del particolare corpo di quest’uomo in un’uniforme, sia dell’uniforme
stessa.
“Per favore mi
tolga le mani di dosso – sto andando alla mia macchina.”
Il grande uomo
sorrise stupidamente e afferrò il ministro per il gomito. Una scossa di dolore
chiarificatore arrivò: se lo fratturò, nella caduta. Al pensiero di trascorrere del
tempo in un ospedale locale, le gambe del Ministro si fecero molli. Per
risposta, l’uomo si caricò di quasi tutto il peso del suo compagno e cominciò a
a infilare il suo gigantesco corpo tra gli ultimi due strati di persone finché
non raggiunse la maniglia della macchina.
“Croce Rossa! Fai manovra. Aprirò quando ti sarai liberato di loro.”
“Non fare una
cosa del genere!” il Ministro gracchiò. Ma aveva perso il voto di Ari. La
macchina fece inversione, muovendosi così veloce che l’uomo e il Ministro
furono costretti a correrle dietro. Quando si furono relativamente liberati della
folla, l’uomo saltò nella macchina, tirò
il Ministro di fianco a lui e chiuse la portiera.
Il Ministro si
scostò fino a schiacciarsi contro il finestrino.
“Lei ha fatto un
grave errore. Io sono il Ministro dell’Interno - la invito a scendere da
quest’auto immediatamente.
L’uomo fece una
risatina e diede una pacca sul ginocchio delicato del Ministro.
“So chi siete, Ministro.
Vi ho visto arrivare. Voglio solo andare in aeroporto, tutto qui. Nessun
pericolo.”
“Ari, quest’uomo
non è della Croce Rossa – questa non è un’uniforme della Croce Rossa. Ferma
immediatamente la macchina.”
L’uomo si piegò
in avanti e puntò la lama piatta di un coltello dietro al collo di Ari.
“Continua a
guidare,” disse.
Ari urlò, un urlo
da donna. L’uomo rise di nuovo: la geniale, calda risata di qualcuno che trova
il mondo delizioso.
“Metta giù quel
coltello,” disse il Ministro, con un filo di voce.
“Va bene,” disse
l’uomo, senza alcun rancore, e fece scivolare l’arma nella tasca dell’uniforme.
“ Tanto vedrete che non fa alcuna differenza.”
Esaminando Ari, alla guida e in lacrime, e se stesso
– un gentiluomo debole nei suoi sessantacinque anni, con un gomito rotto, e che,
dopo tutto, non pesava più di sessanta chili - il Ministro dell’Interno capì che
l’uomo aveva perfettamente ragione.
Passarono davanti alla vecchia cisterna. Il Ministro ricevette una gomitata delicata
tra le costole mentre gli veniva offerto quello stupido sorriso.
“Nulla da dire?”
Il Ministro
sollevò il mento e guardò fuori dal finestrino. La cisterna faceva parte di un
fallimentare progetto d’opere pubbliche, che il Ministro aveva presieduto, risalente ad una decina di anni prima, ed era sempre sgradevole passarci
davanti sulla strada per l’aeroporto.
“Siete
arrabbiato. Certo, so molto bene che siete un uomo orgoglioso a cui non piace
essere preso in giro. Suppongo di avervi preso in giro, Ministro. Ma pensate a me! Sono
deluso!”
Il sole stava
tramontando, rosa, sopra l’acqua stantia, e i muri di calcestruzzo spaccati
della cisterna traboccante la facevano sembrare la vasca di qualche anfiteatro
in rovina. Aveva una strana bellezza. Il Ministro non vi aveva mai colto alcuna
bellezza prima d’allora. Avrebbe voluto non doverlo notare ora, mentre era
bloccato in macchina con un pazzo e un codardo, sulla strada verso la propria
esecuzione.
“Potrei non
essere molto istruito, Ministro, ma ho i miei pensieri e sentimenti. Non
dovreste giudicare un libro dalla copertina.”
Il Ministro,
perso nello stordimento fatalista, si girò verso il suo carceriere
con un’espressione addolorata e disse, come fosse un dato di fatto, “ Ma
sicuramente ci ucciderai.”
L’uomo si
accigliò e si morse il labbro.
“Ma davvero non
mi riconoscete? Davvero non riuscite? Oh, che delusione!”
Da parte di Ari,
un altro mugolio.
“Dovrei
conoscerti?”
“Beh, ne abbiamo
passate di belle insieme. Sebbene i miei capelli siano più corti adesso.
D’altro canto lo sono anche i vostri. E il Primo Ministro – è pelato come una
palla da biliardo! Ed era il ragazzo con i capelli più lunghi di tutti! Ah! Ah!
Che ragazzini che eravamo tutti quanti!”
“Per favore non
uccidermi per favore non uccidermi per favore non uccidermi”, supplicò Ari, e, nonostante
il tramonto li stesse parzialmente accecando tutti, e la grande minacciosa mano
che al momento stava tenendo stretto il ginocchio del Ministro, il meticoloso e
rancoroso Ministro prese nota dell’uso di Ari del pronome al singolare.
“Chi ha parlato
di uccidere qualcuno? No, no ,no. Abbiamo smesso un sacco di tempo fa. Tanto
tempo fa. Alcuni di noi hanno già scontato per questo, altri no – e dico “ben
fatto” a quelli che non sono stati dentro! Ora mia avrete riconosciuto per forza,
Ministro. Marlboro! Marlboro Man. Nessuno ci crede quando dico che è stato il
Primo Ministro in persona darmi il soprannome. Ma è vero! Mia zia di solito mi
spediva quelle rosse dall'America – ve lo dovete ricordare – e lui amava fumarle.
Un giorno, ci stavamo accampando, eravamo molto in alto, sulle colline, e disse “Ehi, tu, Marlboro Man – e mi si è
attaccato addosso. Quarant'anni dopo, ce l’ho ancora
appiccicato.”
Se un campanello
suonò per il Ministro, fu sicuramente debole. Unì le punte delle sue dita e premette le mani, capovolte, tra le ginocchia.
“Deve capire, non
c’è modo che io possa mettervi su un aereo. Quando arriveremo, lei sarà
arrestato. Sarà fuori dalla mia competenza. Non c’è altro esito.”
Marlboro Man
diede al ginocchio del Ministro una gioviale strizzata.
“Ma io non voglio
salire un un aereo, Ministro. Desidero solo raggiungere l’aeroporto. È lì che abbiamo sentito che si trova tutta
l’azione – ed io voglio sempre essere dove c’è l’azione. Soldi, cibo, ragazze!
Inoltre, io ho dato una mano a costruirlo – mi piacerebbe rivederlo.”
Sicuramente fu un segno della paura e della distrazione nella testa del Ministro, dato che
solamente Ari comprese il significato di questa rivelazione. Il nome della
famigerata prigione scappò dalla bocca aperta del giovane uomo come un rutto
involontario. Marlboro Man applaudì battendo le mani sulla schiena di Ari,
congratulandosi con lui per aver risolto un allegro indovinello.
“Abbiamo provato a scappare via da quel posto per trent'anni – e poi il Signore stesso arriva e
lo fa per noi. Sono venuti giù i muri - piatti come un pancake! Che roba!
Chiunque fosse ancora sui suoi piedi è semplicemente uscito fuori, alla luce
del sole, guardando in alto verso il cielo azzurro pulito... Ah! ”
Distese le
braccia attorno al sedile posteriore. Al Ministro ricordò un turista che si
sistemava sopra una duna di sabbia.
“Tutti i
criminali fuggitivi verranno giustiziati”, disse il Ministro, costretto a
ripetere quello che aveva sentito nel telegiornale. “La loro unica possibilità
è consegnarsi alle autorità.”
“Io la vedo così”,
disse Marlboro Man, “questo è un momento di opportunità – per entrambi.” Fece
l’occhiolino, poi prese la mano sinistra del Ministro e la spinse sul suo
ginocchio finché non gridò per il dolore. “ È tutta questione di tempistica. La cosa che ho sempre ammirato in voi, Ministro,
è il vostro tempismo. Avete sempre saputo quando entrare in azione, quando un
regolamento di conti stava per avvenire. E lo vedete, non è vero? Vedete che le
persone hanno cominciato ad annusare la vostra merda – e non è poi così dolce!
Ah-ah! Finalmente, possono odorarla. Voglio dire, l’hanno sempre odorata, ma in
quel momento erano bambini – eravamo bambini! – e ora sono cresciuti e non
hanno paura di dirvelo in faccia. Questione di giorni ormai. Il prossimo anno
avranno messo in manette la maggior parte di voi, verso L’Aia! Che fortuna: il
vento è arrivato, appena in tempo! Eh? Il Signore è il mio pastore; non manco
di nulla! È un’opportunità, e voi la state cogliendo. Capite, vi ammiro! Sono uno che studia la storia – ora, non ridete. Ve lo dico, un uomo ha un sacco di tempo per
leggere in quella cella minuscola. Ho provato a farmi un’educazione da solo.
Voglio essere un passo avanti alla storia - non è questa la partita? Forse non
gioco bene come fate voi. Ma sto imparando. Oh, sì, sono quasi diventato un vero studioso di storia.”
Era una follia, ovviamente, e il Ministro non poteva
immaginare che Ari ci avrebbe trovato un senso, ma, allo stesso tempo, era
sfortunato che nella follia di quest’uomo fosse comparsa quella particolare
frase, così simile a quella del Ministro, che continuava a ripetere, con un
ghigno idiota e complice, e che necessitava,
sentiva il Ministro, di una riaffermazione della propria posizione, affinché Ari
potesse udire un’eco finora assente.
“Io, nel frattempo, sono diventato uno studioso della natura umana.” Con la mano libera, il Ministro
provava a tenere insieme il suo gomito distrutto. “E gli studiosi della natura
umana capiscono che i bambini ingrati ritornano sempre alla saggezza dei
genitori, alla fine.”
“Ah...”
Sotto il taglio
alla Cesare, la fronte di granito dell’uomo era rugosa, e la punta della sua
lingua faceva capolino dalle labbra, come uno scolaro impegnato in un terribile
esercizio di calcolo. Osservando questo sforzo, un pensiero del villaggio venne
al Ministro – un ricordo, veramente, del Diavolo da giovane. I racconti
sull'infanzia del Diavolo erano una specialità della sua gente; Elena aveva un
modo magnifico di raccontarle, trasformandole in storie della buonanotte per i
bambini del Ministro – un’abitudine alquanto da classe inferiore che il Ministro
avrebbe dovuto disapprovare. A differenza dei suoi colleghi, tuttavia, e della
sua complicata moglie, il Ministro degli Interni era essenzialmente un
pragmatico: fosse stato per lui, gli uomini politici non avrebbero mai potuto
attraversato le soglie di camere da letto o dei templi. Credeva nel lasciare le
persone alle loro fantasie private. Quando i suoi figli erano piccoli, gli
piaceva aprire la porta del suo studio durante la notte, e, mentre tagliava le
buste delle lettere con un coltello dal manico in perla, ascoltava i dialoghi
del Diavolo di Elena. In queste storie il Diavolo non era mai un idiota, no,
non proprio. Era come questo tipo alla sinistra del Ministro. Un bravo
studente, molto vigile, entusiasta di darci dentro, e che, nonostante tutto,
imparava sempre la lezione sbagliata.
“Non siamo stati
bambini?”, urlò l’uomo all'improvviso, sbattendo pesantemente il pugno sulla
fodera. “E non siamo stati ingrati? Poi siamo diventati padri a nostra volta.
Questa è la verità. Sì, siamo stati giovani – eravamo eroi! Ma non siamo più
dei capelloni, fratello mio. Eppure siamo sopravvissuti. Gran parte delle
persone non ce l’hanno fatta. Perciò questo deve essere celebrato. È un segno. Non lo vedi? Lo devi vedere. Tu ed io! Sopravvissuti!”
I colpi sul
sedile continuavano ad irradiarsi verso il gomito del Ministro.
“Non lo vedo,”
sussurrò. “Non lo vedo, perché non c’è alcuna analogia tra di noi. Io sono il
Ministro dell’ Interno. Tu sei matto. Forse una volta eri uno di noi – o hai
lavorato per noi. Non lo so. Dici di averlo fatto. Ora sei un criminale. Un
fuggitivo e un criminale.”
Durante la sua
agonia, il Ministro riuscì a sentire una certa soddisfazione nell'aver colpito
nel segno. Un’espressione di imbarazzo che aveva attraversato il viso di
Marlboro Man. Per nasconderlo, si era voltato dal Ministro per guardare il
finestrino.
“Oh, non intendevo offendere, Ministro, assolutamente.
Tutto quello che voglio dire – e perdonatemi se non sto parlando in modo
elegante – è che voi siete stato intelligente e noi stupidi. Tutto qui. E mi
lasci dire, eravate molto ammirato da queste parti, veramente. Molto più del
Primo Ministro. Perché ricordavamo che una volta eravate uno di noi! Più
intelligente di noi, forse, ma pur sempre uno di noi. Ma lui? Mai, no
davvero. Dal momento che non si è mai sporcato sul serio le mani. Non come
facevamo noi. E ora ci chiamano “mercenari” e ci sbattono in prigione e
pretendono di non averci mai conosciuti. Ma senza uomini come noi, ci sarebbe
stata la vittoria? Rispondetemi. Quel ragazzo si è preso la gloria, ma sono
stati gli altri a fare il lavoro. Aveva solo una bella faccia. Come questo tipo
qui.” Si allungò in avanti, vivace in modo terrificante, e afferrò una guancia
di Ari tra il pollice e l’indice. La macchina sbandò in direzione di un fosso
profondo al lato della strada – stavolta toccò al Ministro urlare– prima che
Marlboro Man si piegasse completamente in avanti per afferrare velocemente il
volante con la mano libera, riportandoli in asse.
“Niente panico, niente panico” disse il loro sequestratore,
affettuosamente. Batté in cima alla testa dell’agitato Ari, sospirò, e affondò
le sue grosse chiappe nella fodera.
“Ma tu! C’è un sacco di sangue da lavare via,
fratello. Oh, non l’abbiamo mai dimenticato. Un dannato fiume di sangue. L’ho
visto, io ero lì. Fin sopra le ginocchia! Fin sopra le ginocchia!”
Il Ministro, che
stava riemergendo proprio ora dalla posizione di sicurezza, alzò gli occhi per
trovare Ari che lo guardava in modo strano nello specchietto. Non importava che
fosse una grottesca esagerazione: un fiume, macchiato di rosso per il sangue,
non è la stessa cosa di un fiume di sangue. Ma il Ministro non aveva
dimenticato, no, non le cose efferate, né le aveva, come avevano fatto in
molti, esagerate o nascoste. Ricordava perfettamente come si presentava il
Primo Ministro a diciannove anni, mentre segnava un’imboscata su una cartina.
Ricordava come li aveva reclutati dai villaggi, offrendo pistole a giovani
delinquenti che non sapevano nemmeno pronunciare il proprio nome. Ricordava le due metà della testa di una ragazza,
mentre rotolavano giù per un argine tra le canne verso il fiume. Divise,
forse, proprio dal machete di
quest’uomo. Tutti i loro ragazzi avevano combattuto come animali, in un momento
o in un altro. Ma il Ministro non aveva mai dimenticato, neppure, la bellezza e
il trionfo silenzioso che erano seguiti a quei giorni sanguinosi. Una vita
diversa. Condividendo cibo povero sotto la luce della luna, non solo con i
ceffi dell villaggio, ma con sfrontati, intelligenti, giovani uomini impegnati
per il futuro della loro nazione e pronti a rischiare tutto – inclusa la
contaminazione eterna dei propri crani.
“Una femminuccia.
Sempre con qualche libro da femminuccia nella tasca posteriore. Saresti potuto essere tu, fratello. Fino alle
ginocchia!”
“Che fortuna!”
urlò l’uomo, e il Ministro, strappato dai suoi ricordi, cominciò a temere che
qualche tipo di magia voodoo fosse all'opera. “Il livello dell’acqua è sceso!
Guardi quella bella luna cicciona! Possiamo passare per il ponte!”
Attraversarono
l’ultimo ponte. La piccola tendopoli sorta attorno all'aeroporto si stendeva di
fronte a loro. Il coltello era riemerso, stavolta tenuto basso, alla vita di
Ari. Ad un posto di controllo improvvisato, Ari infilò il tesserino governativo
verde sotto al parabrezza agitando una mano, gli venne dato il segnale per
poter passare, e gli venne spiegato di seguire una macchina della polizia oltre
il campo e i suoi abietti abitanti.
“Lasciatemi dove
volete”, disse Marlboro Man. “Vicino a una con
le gambe aperte. ‘Alziamo gonnelline e
sfondiamo vagine!’ Ricordi la vecchia canzone? E cominciavano tutte a correre
insieme alle loro madri per nascondersi nei cespugli! Ah-ah! Ora, non può
invidiarmi per questo, Ministro, davvero. Probabilmente se n’è fatta qualcuna
ieri – ma per me è passato un po’ più di tempo.”
Per essere un
uomo così grosso, si muoveva agilmente, scavalcando il Ministro, aprendo la
portiera, e scendendo sulla strada sterrata, sorridendo tutto il tempo. Il
Ministro chiuse la porta dietro di lui.
“ Che... che cosa
sta facendo? Ministro Ministro? Se ne sta andando!”
Il telefono del Ministro
era freddo nella sua mano. Guardò l'uomo perdersi nella folla. Sentì come se stesse liberando lo spirito del caos nel mondo. Ma non era già passato di lì?
Tutti i voli commerciali erano stati cancellati. Il piccolo aeroporto mezzo distrutto era diventato una
base per soccorritori, giornalisti rimasti a piedi e soldati addormentati. Solo
la pista di atterraggio era ancora in funzione. I pochi aerei disponibili erano
stati noleggiati dal governo e i passeggeri tentavano di avvicinarsi ad essi guidando
fino alla recinzione del gate, dove i loro documenti venivano controllati da
ancora altri ufficiali. Quando venne il turno del Ministro, alcuni giovani
uomini si avvicinarono alla macchina, in uniforme, o vestendo i rassicuranti
completi blu scuro. “Per di qua,
Ministro, per di qua,” dissero, facendolo uscire di fretta dall'auto. Stava
attraversando la pista illuminata a giorno, quando realizzò di non aver detto
addio ad Ari, ma quando si voltò non poteva più vedere nemmeno la macchina.
Centinaia di persone erano ammassate contro le recinzioni, sventolando fogli
per aria, gridando e implorando. Appena oltre la linea gialla, lungo la quale
un tempo al Ministro piaceva camminare nel suo modo ordinato e ben eretto,
trascinando dietro di sé con discrezione una lussuosa valigetta marrone e oro –
proprio dalla parte opposta alla linea gialla, invece del solito viavai degli
addetti a bagagli e valigie, giaceva un ragazzo che indossava un giubbotto di
sicurezza giallo acceso e pantaloni stracciati, e dormiva sulla pista, con la
testa appoggiata ad un masso.
“Questo aereo
qui, Ministro. Si tenga sulla sinistra, Ministro. Continui ad andare, Ministro.
Ministro?”
“Arrestate
quell'uomo”, disse pacatamente il Ministro all'assistente al suo fianco che, non sentendo o non capendo, annuì un paio di volte e disse,“Da questa parte,
Ministro, la prego.” Attraverso la distesa d’asfalto, il Ministro e Marlboro
Man incrociarono lo sguardo.
“Bon Ua Ya Gi!
Bon Ua Ya Gi!”
Bon Voyage. Una frase che probabilmente aveva sempre e solo
visto scritta. Gridava con tutto il fiato che aveva nei polmoni. E ripeteva
quel gesto, all'infinito, un gesto che il Ministro riconosceva, a malincuore,
essere passato di moda non molto tempo fa – ora era tornato in auge; il Ministro
stesso non lo faceva più da diversi anni. Vedeva la gente attorno a quel pazzo
tenersi a distanza dalle sue braccia giganti, mentre lo malediceva e lo insultava.
Il Ministro cercò
di convincersi che nulla di orribile stesse accadendo – un idiota gli stava semplicemente
augurando buon viaggio. Bon Ua Ya Gi! Bon Ua Ya Gi! Si girò verso il facchino e
ancora una volta tentò di dargli istruzioni, ma il motore del jet venne messo
in moto e questo nuovo rumore sovrastò tutto, tranne quelle ridicole parole,
accompagnando i passi del Ministro come una specie di incantesimo o come i gradini di una scala che sembrava salire e
scendere allo stesso tempo. Bon Ua Ya Gi! Fin
sopra le ginocchia!
“Da questa parte,
Ministro. Da questa parte.” Sembravano esserci così tante persone a toccare il
Ministro, guidarlo, consigliarlo, che gli sembrava d'essere trascinato, più che
di camminare sulle proprie gambe. Smise di provare a parlare. A cosa serviva usare le parole? Azioni, solo azioni. A pochi passi dalle scalette
dell’aereo si rese conto di un improvviso cambiamento nella luce: un’insolente
nuvola grigia si intromise tra il Ministro dell’Interno e quella paffuta,
bellissima luna. Calde gocce di pioggia, grosse come ghiande, caddero sul suo
naso, sulla sua unica scarpa. Sul bavero, sul mondo. La pioggia si riversava,
dalle curve dell’aereo, in torrenti, si scatenava contro lo scadente tetto
metallico dell’aeroporto, lasciando il Ministro fradicio, rendendo ancora più
difficile udire le istruzioni e poi, altrettanto repentinamente, cessò. La
nuvola si spostò e tornò la luna. Il ministro si teneva il gomito. Strinse al
petto la sua borsa porta abiti. “Da questa parte ministro, per di qua” Il Ministro
tacque e li seguì.
Aert van der Neer - Paesaggio al chiaro di luna con ponte. |
Zadie Smith è una scrittrice inglese. Il suo ultimo libro, NW, è stato pubblicato in Italia nel 2013 da Mondadori. Questo racconto è apparso sul New Yorker , il 10 febbraio 2014.
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