Tre libri che non potete leggere.


 Il topo da biblioteca -  Carl Spitzweg



Il Codex Seraphinianus è un librone, che potete trovare anche in recenti e costose edizioni, ma vi consiglio di sfogliarlo in libreria o di prenderlo in biblioteca (se lo trovate). Ispira subito curiosità. Basta aprirlo e ci si trova immersi in un'enciclopedia fantastica di immagini e didascalie. La scrittura è rotondeggiante, qualche parola sembra voler fare capolino dalla ragnatela di ghirigori che la compongono. Le illustrazioni fuori dalla realtà danno luogo ad ogni tipo di interpretazione possibile, a cui si possono affidare le più strane descrizioni. Ve le butto giù così: 
Un coccodrillo è la somma di due amanti in un amplesso amoroso. 
Le nuvole creano meccanicamente gli arcobaleni, la cui consistenza ricorda la gomma. 
Le sedie sono tuberi, vanno raccolte quando affiorano dalla terra, e poi, una volta ripulite, sono pronte per l'uso. 
Vi sembra folle? Ecco le immagini: 








Il Codex su La Feltrinelli.it

Dopo aver tenuto sotto scacco truppe di linguisti per decine di anni, l'autore Luigi Serafini, ha dichiarato pubblicamente che nel suo Codice non si nasconde nessun significato. Per dirla in gergo tecnico, è "anomico". La creazione dell'incanto comincia proprio con questo alfabeto misterioso e indecifrabile. Sembra di poter rintracciare qualche parola, ma poi si finisce inevitabilmente per fare spallucce. Ed è proprio la sensazione dei bambini, quando si trovano davanti ai libri dei grandi. Ne sono affascinati, ma non sanno capire cosa c'è scritto e la fantasia li trascina via, reinventandone il contenuto. Ricreare quella meraviglia perduta è diventata un'operazione quasi titanica, una lotta impari col nostro disincanto. Eppure questo libro ci riesce, in un diluvio di creatività difficile da trattenere. Per gli appassionati di codici e scritture misteriose, la struttura di questo libro ha ricordato molto il Manoscritto Voynich:


Pagina web dell'Università di Yale con l'intero Manoscritto Voynich 

Il Manoscritto Voynich è l'esempio più singolare di codici antichi. Prende il nome dal suo scopritore, un mercante di libri statunitense, e risale agli inizi del 1400. Contiene numerose pagine con disegni finemente colorati. Quelli più riconoscibili assomigliano a piante, anche se non esistono specie che combacino con i disegni. Ci sono diagrammi con cerchi, donne nude immerse in vasche e illustrazioni che ricordano le sezioni al microscopio delle cellule. E poi c'è la scrittura, il vero enigma. Nonostante il lavoro di esperti filologi, non si è riuscito a scoprire la struttura e il significato celato da quelle parole. Potrebbe trattarsi di un falso, nonostante i riscontri scientifici ne attestino la validità dei materiali usati e della carta. Oppure potrebbe trattarsi di un caso di scrittura anomica, come quello del Codex Seraphinianus, ma questo non ha scoraggiato ipotesi sulle combinazioni possibili per decifrarlo. Diviso in quattro sezioni, più una specie di indice, il testo è passato sotto diverse mani. Quella più attendibile viene attribuita ad un alchimista al servizio di Rodolfo II (XVII secolo). E' attualmente conservato nell' Università di Yale e continua a mantenere intatti i suoi segreti.


C'è un ultimo libro straordinario, dove è conservata una lingua artificiale. 
A differenza del Codex e del Manoscritto, è diventata di uso comune e tutti possono leggerla. 
E' la Divina Commedia. 
Dante, ovviamente, non stava cercando di creare un testo incomprensibile ai posteri, anzi, il suo intento era esattamente il contrario. Senza stare a scomodare il Sommo Poeta, riassumendone sterilmente la grandezza, c'è un dettaglio che effettivamente lo rende un libro "illeggibile". 
Non esiste nessun manoscritto della Commedia, nemmeno uno straccio di Canto, così come non conosciamo la firma del poeta. Niente. Quello che è arrivato a noi lo dobbiamo ai manoscritti delle varie scuole che hanno tramandato l'opera attraverso un grandissimo lavoro di divulgazione. Ma dell'originale non c'è traccia, come se una delle radici della nostra cultura si fosse volatilizzata.  Anche in questo caso sono state avanzate innumerevoli ipotesi: potrebbe essere a Verona, dove aveva vissuto Cangrande della Scala, suo protettore durante l'esilio. O a Roma, nell'immensa Biblioteca Vaticana. Ad Avignone, antica sede papale, oppure a Gargagnano di Valpolicella, dove vissero gli Alighieri da Pietro in poi. Insomma, rimane forte il dubbio che qualcuno possa averlo perso. 

E siamo sicuri che se Dante dovesse venirlo a sapere, non gli farebbe assolutamente piacere!


Dante II dei Fratelli Mattioli.

Alessio MacFlynn







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2 commenti:

alessandra ha detto...

Ma in realtà la realtà è che potrebbe esistere il manoscritto autografo della Divina Commedia ma non sapremo mai che è lui perché non conosciamo la grafia di Dante. In sostanza l'autografo forse c'è ma non è riconoscibile come autografo.

MacFlynn ha detto...

Certo. Bisognerebbe anche scoprire se sono saltati fuori dei falsi. Resta il fatto che la scomparsa un'opera del genere, nella sua preziosità, generi una montagna di dubbi e di sospetti.

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