Sound City, un'anteprima.



Sound City è il primo documentario diretto da Dave Grohl, uscito negli Stati Uniti da poche settimane. Un esperimento nuovo per l'ex batterista dei Nirvana e attuale leader dei Foo Fighters. Sound City era il nome di uno studio di registrazione di Los Angeles. Un posto squallido, incastrato nella San Fernando Valley tra i miasmi delle autostrade e la puzza proveniente dalle distillerie Bud. Non era un luogo di richiamo, non c'erano turisti di fronte all'entrata ad imbrattare i muri o a camminare avanti e indietro sulle strisce pedonali. E lo squallore esterno sembrava arrivare fin dentro lo studio di registrazione. Fatiscente, sporco, arredato come un grande camper abbandonato nel deserto. Apparentemente nulla avrebbe potuto lasciar intuire cosa accadeva lì dentro, ed è qui che bisogna iniziare a tirar fuori qualche nome. Nel documentario si sente tutto l'entusiasmo di Dave Grohl nell'elencare decine e decine di artisti che hanno inciso la loro musica a Sound City. Il ritmo delle immagini e dei suoni accelera in modo vertiginoso, come se fosse seduto accanto a noi in macchina e non riuscisse a scegliere tra centinaia di stazioni radio preferite. Fleetwood Mac, Neil Young, Grateful Dead, Santana, Tom Petty, Fear, Dio, Rage Against The Machine, Red Hot Chili Peppers, Johnny Cash e molti, moltissimi altri. Come ha fatto Sound City a farsi un nome e ad attirare così tanti artisti? Il film si focalizza, anche attraverso numerose interviste ai protagonisti di quest'avventura, su tante diverse sfaccettature. Sicuramente il clima spensierato e amichevole della sala e delle persone che lavoravano lì ha avuto i suoi meriti: le ragazze nell'ufficio, le nuove leve, i produttori, tutti quanti uniti per contribuire all'approdo di un progetto che potesse avere un buon impatto nel mercato musicale, sfruttando le particolarità che facevano di quello studio un luogo speciale.



Risulta un po' difficile spiegare l'importanza che ha avuto la ricerca dei suoni nella storia della musica, soprattutto in tempi in cui si bada poco alle sfumature di un disco. E Sound City era molto più di un semplice studio dove lasciare che i produttori si occupassero di tutto. Bisognava suonare sul serio. A disposizione gli artisti potevano contare su uno dei banchi di mixaggio più unici al mondo: la Neve Board. Una vera e propria postazione spaziale, piena di tutte le regolazioni necessarie per incidere su nastro ad altissima qualità senza mai avere sbavature. Data la meccanica assolutamente precisa di questo strumento, la band doveva lavorare per eseguire in modo perfetto le canzoni, dato che c'era pochissimo margine per poter correggere gli errori. Se qualcuno sbagliava, in qualsiasi punto del brano, bisognava fermarsi e ricominciare. Sarebbe impensabile per i gruppi di adesso trascorrere giornate intere a ripetere un unico brano per farlo suonare esattamente come si desidera. La tecnologia in campo musicale ha fatto davvero dei salti da gigante, portando innovazioni rivoluzionarie. Chiunque può registrare la propria musica usando un computer, praticamente a costo zero. E l'impossibilità di far fronte a questa rivoluzione, ha fatto attraversare diversi periodi di crisi allo studio californiano.



Shivaun O'Brien, l'ultima manager dello studio, ricorda di essere entrata a Sound City nel 1991. Si prospettava una chiusura praticamente imminente. Ma una sorta di miracolo accadde nella primavera di quell'anno. Dave Grohl, Krist Novoselic e Kurt Cobain entrarono a Sound City per registrare Nevermind. Ci vollero sedici giorni. Nonostante Kurt Cobain avesse più volte espresso un certo disappunto per le registrazioni e per il suono "troppo perfetto" del disco, Nevermind rimane ancora uno degli album fondamentali del rock, nonché uno dei più venduti nella storia della musica. Durò ancora dieci anni la fama di Sound City, fino all'inevitabile chiusura del 2011. Dave Grohl ha deciso di acquistare la Neve Board e di portarla nella sua sala di registrazione, cercando di conservare un po' dello spirito dello studio che li ha ospitati e ha reso possibile il loro successo. Il progetto del documentario avrebbe potuto fermarsi qui, invece questa sorta di resurrezione musicale è stata celebrata con un disco realizzato dai diversi artisti che hanno registrato a Sound City: Rick Springfield, Joshua Homme, Trent Reznor, Corey Taylor, Stevie Nicks e un insolito Paul McCartney per il gran finale.

Sicuramente lontano dallo stile narrativo che Martin Scorsese utilizza per i suoi documentari musicali, Dave Grohl è riuscito a bilanciare le diverse influenze, facendo in modo che l'entusiasmo fosse palpabile e la nostalgia non pesasse troppo sulla storia.



Alessio MacFlynn

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