La vita passava attraverso il
pensiero, certo, ma inevitabilmente attraverso il linguaggio. E com’era questo
linguaggio? Qualcuno aveva mai provato a scriverlo? Raccolte le ultime energie,
con la voce di un invasato, lo scrittore tuonò: “Ci proverò io!”.
Marco Rossari - Ci hai provato, James da L’unico scrittore buono è quello morto.
Se vi capita di trovare in
libreria una specie di scatola che ricorda quella dei giochi da tavolo,
sappiate che lì dentro c’è qualcosa che non assomiglia a niente di quello che
avete letto fino ad ora. Si chiama Building Stories, e l’autore è Chris Ware. Quasi undici anni di lavoro, quattordici formati diversi su cui sono impresse le
storie disegnate: libricini, pamphlet, fogli grandi come quotidiani, anche sui bordi della
scatola ci sono piccoli pezzi di questo racconto senza ordine e senza una vera
e propria fine. La storia si
può leggere seguendo il proprio intuito, scegliendo casualmente o provando a
dare un senso a quel disordine voluto. E forse si può dire che la conclusione
sia nascosta tra le righe, da qualche parte, ma non è così importante in fin
dei conti.
Di cosa parla Building Stories? Ci viene concesso di spaccare i muri
di una casa, come se avessimo delle mani gigantesche e ci fosse permesso di
scoperchiare il tetto per guardare dentro. La stessa operazione ci permetterà
di entrare tra i pensieri di una donna e della sua vita, viaggiando tra
l’infanzia e i ricordi. Una vita complessa, segnata da un incidente che ha
portato all’amputazione di una gamba. I pensieri oscillano tra l'inquietudine per i sogni
che non si realizzano per colpa della propria insicurezza e il trascorrere del tempo che non sembra portare serenità. A dare ordine a
questa storia ci pensa lo stile di Chris Ware, che, con i suoi disegni precisi e
nitidi, lascia che il coro
di voci che compongono Building Stories non si disperda. Oltre al racconto di
questa donna senza nome, ci sono quelli degli altri abitanti della vecchia casa
di Chicago dove vive per un periodo della sua vita. E scava molto in
profondità, con una ridondanza che può quasi atterrire, ma che rispecchia in
modo fedelissimo quella specie di litania mentale che ogni persona ripete
quotidianamente alla ricerca quasi disperata della propria essenza. Per quanto
riguarda la composizione di Building Stories, Chris Ware ha detto di essersi
ispirato ai lavori di Marcel Duchamp. In particolare, il New Yorker, per cui
Ware ha realizzato diversi lavori, pubblicando anche alcune parti di Building Stories, ha citato la
Box in a Valise, una valigia che conteneva
le miniature dei lavori più importanti di Duchamp.
Marcel Duchamp - Box in a Valise |
Dietro la scatola che contiene Building Stories ci sono alcune righe scritte da Chris Ware, che, in qualche modo, giustifica la necessità di realizzare un’opera titanica, paragonata all’Ulisse di James Joyce per maestosità e profondità di contenuti. Si soddisfa così quella curiosità che il libro dello scrittore di Dublino ha sempre suscitato. L’idea di penetrare così a fondo nel linguaggio della vita e del pensiero, superando lo scoglio della complessità dei riferimenti e delle citazioni che lasciano centinaia di lettori incagliati dopo la lettura delle prime pagine, ha trovato un nuovo compimento in questo lavoro così ambiziosamente bello.
Alessio MacFlynn
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