Il divorzio di Putin e i cuoricini infranti.



La mia prima reazione quando qualcuno mi ha menzionato il divorzio del bel Vladimir, è stata esclamare “Evviva la famiglia eterocentrica tradizionale!” e subito dimenticarmene. Ma chiaramente non era questo il mio destino. Amici, conoscenti, professori, compagni e cittadini non hanno concesso la minima chance al mio bovino menefreghismo. Se n'è quindi dovuto parlare in abbondanza, qui a San Pietroburgo. Inizialmente sono emersi elementi di poco interesse e che avrei potuto ricostruire attraverso un qualunque giornale di cronaca rosa (e non), ovvero: erano ormai anni che Volodja e Ljuda non vivevano più assieme. Coinvolta è una certa Kabaeva, ginnasta dall'aria sospetta che, come tutti sanno ma nessuno dice, sarebbe l'amante del neo-rieletto presidente e la causa del patatrac. 

Quello che mi sorprende, invece, è vedere come questa notizia abbia messo in agitazione la società civile più, chessò, delle ultime leggi anti gay dal sapore di Inquisizione. Alla fin fine, a parte questa presunta amante, non ci sono stati particolari scandali che coinvolgessero, per esempio, la prostituzione minorile. 


Invece, mentre a lezione di italiano sto insegnando l'aggettivo 'scioccante' e chiedo un esempio, mi viene servito nuovamente il divorzio di Putin. A questo punto decido di smettere di ruminare, mi appoggio gli zoccoli alle tempie e chiedo:

“Ma come mai?”. 

“Perché lui è il nostro presidente” mi risponde Oleg. 
“Ed è il primo presidente che fa una cosa del genere”. 
“Credo che se non fosse così famoso non reagiremmo così” aggiunge Nikolaj. 

E qui sta il busillis. Il presidente sta davanti alla maggior parte dei russi come un modello di persona, più che di politico. Senza mai aver vissuto una vera e propria svolta democratica, in Russia è venuta a crearsi una strana situazione di equilibrio instabile fra una completa sfiducia nella politica e nella possibilità per il cittadino di fare la differenza, e l'abitudine praticamente intatta di guardare al leader come ad una personificazione paternalistica di morale e di valori. Putin in questo non ha nulla da invidiare ai grandi demagoghi e populisti del passato. Non si limita infatti a governare, bensì regna, non è un presidente per il Paese, bensì una guida. 

Ha riportato in auge l'ideale del maschio bianco eterosessuale macho conservatore e di religione imprescindibilmente ortodossa, orgoglioso di essere russo e pronto a schiacciare chi non lo assecondi. È un modello che funziona piuttosto bene, pare, vuoi per azzeccata propaganda, vuoi per la tendenza al successo dei modelli che favoriscono i maschi bianchi eterosessuali. Ma questo modello comporta, volendo, un'amante. Non una separazione.

A me, cittadino russo, non importano poi tanto le questioni politiche, a meno che non abbiano conseguenze dirette su ciò che è mio, e bisogna ammettere che Putin è stato effettivamente colui che ha fatto partire la ripresa economica del paese, per cui stiamo tutti un po' meglio. Lui a me ci tiene. I “Gastarbeiter”, i lavoratori caucasici sottopagati e spesso senza documenti in regola, che vengono ostracizzati da quasi tutta la società bianca, i gay, costantemente minacciati e terrorizzati dalla sfera pubblica e privata, le donne vittime di violenza, i beneficiari delle ONG la cui sopravvivenza è resa sempre più difficile, i prigionieri politici, tutte queste persone vivono in mondi estremamente lontani ed estranei al mio. Ma il divorzio, invece, lo sento, mi è vicino. 
È una cosa che non si fa.

E se divorzia lui, delude un impero intero. 


Giulia McNope







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