È il 1990. Bohumil Hrabal arriva a Londra per un incontro coi lettori in occasione della traduzione inglese del suo romanzo Ho servito il re d'Inghilterra. A presentarlo è lo scrittore Julian Barnes (Il senso di una fine, Il pappagallo di Flaubert). Barnes introduce Hrabal con un breve discorso e una lettura dal romanzo, precisamente dal capitolo che dà il nome al libro. La conferenza integrale è disponibile sul sito della British Library (sfortunatamente la qualità della registrazione non permette di poter ascoltare la versione in cecoslovacco letta dallo stesso Hrabal.) La traduzione dell'estratto in italiano è di Sergio Corduras (Edizioni E/O).
E così diventai cameriere di sala sotto la direzione del maître Skřivánek, eravamo lì in due, camerieri, ma io soltanto avevo il diritto di stare appoggiato con la schiena al tavolo nella stanzetta di servizio quando dopo mezzodì c'era un po' di tempo libero. E il maître mi diceva che io sarei stato un buon maître ma che dovevo coltivare la capacità, quando entrava un cliente, di ricordarmelo e di sapere quando andava via, non a mezzogiorno quando c'è il guardaroba, ma al pomeriggio, quando si serve nel caffè, per imparare a riconoscere quelli che vogliono soltanto mangiare e andarsene inosservati senza pagare. Per riuscire anche a valutare quanti soldi ha il cliente e se spende o dovrebbe spendere di conseguenza. Questo, diceva, è l'essenza del buon maître. E così, quando fu il momento, il maître mi spiegava a bassa voce che cliente era appena entrato e che cliente stava giusto uscendo. Mi addestrò così alcune settimane, finché mi azzardai a indovinare io stesso. Non vedevo l'ora che venisse il pomeriggio, come se stessi facendo una spedizione avventurosa, ero eccitato come i cacciatori quando fanno la posta alla selvaggina, e il maître o fumava, teneva gli occhi socchiusi e annuiva soddisfatto, o scuoteva la testa e mi correggeva e andava lui stesso e mi dimostrava sul cliente che aveva ragione lui, e infatti la ragione ce l'aveva sempre. Davvero! E io così venni a sapere per la prima volta, quando posi al maître la domanda complessiva: Ma come fa a sapere tutto questo? e rispose mettendosi dritto: Perché io ho servito il re d'Inghilterra. Il re? Battei le mani, per Cristo re, lei ha servito... il re d'Inghilterra? E il maître annuì col capo tutto soddisfatto. E così entrammo nella seconda fase che mi portò all'entusiasmo, era qualcosa come la lotteria di gruppo, quando aspettate se vi esce il numero del vostro biglietto, come la tombola o nei veglioni o nelle feste pubbliche. Quando il pomeriggio entrò un cliente, il maître annuì ed entrammo nella stanzetta e io dissi: È un italiano. E il maître fece di no con la testa e disse: È uno jugoslavo di Spalato o di Dubrovnik... E ci guardammo un momento negli occhi e poi annuimmo e io misi venti corone e lo stesso il maître sul vassoio in quella stanzetta. E andai a domandare che cosa desiderava il cliente e dopo aver preso l'ordinazione, quando stavo tornando, il maître vedendo la mia faccia arraffò le due venti corone e le ripose in un enorme portafogli per il quale aveva nei pantaloni una tasca bordata con la stessa pelle di quel portafogli, e io mi meravigliai: Come mai, signor maître, lo riconosce? E lui disse con modestia: Ho servito il re d'Inghilterra. E così scommettevamo e io perdevo sempre, però il maître continuava a insegnarmi, se voglio essere un buon maître devo riconoscere non soltanto la nazionalità, ma anche che cosa prenderà il cliente. E mentre un cliente scendeva nel ristorante annuimmo e entrammo nella stanzetta e lì mettemmo ognuno un biglietto da venti sul tavolino di servizio e io dissi che il cliente avrebbe preso la minestra di gulasch o quella specie di trippa e il maître disse che il cliente avrebbe preso un tè e pane tostato senza aglio, e così andai a prendere l'ordinazione, e quando augurai buon mattino e domandai, che cosa desidera il signore? ordinò davvero tè col pane tostato e mentre stavo tornando il maître si prese le due venti corone e mi disse, devi riconoscere subito uno con la colecistite, guarda un po' il cliente, questo forse ha anche il fegato a pezzi... e altre volte prevedevo che il cliente avrebbe preso tè e pane e burro, e il maître affermava che avrebbe preso šunka di Praga col cetriolo e un boccale di Plzeň , e infatti sì, avevo appena preso l'ordinazione, mi ero voltato e il maître, vedendomi venire, mi guardò, alzò lo sportello e gridò in cucina al posto mio... una šunka di Praga... e quando arrivai aggiunse... e anche un cetriolo! E io ero felice di poter imparare in questo modo, è vero che spendevo così tutte le mance, perché quando solo potevamo scommettevamo e io perdevo sempre ma domandavo sempre, come fa, signor maître, a sapere tutto questo? E lui riponeva le due venti corone nel portafogli e diceva, ho servito il re d'Inghilterra.
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