Intelletto italiano: un nobile clochard.


"Solo me ne vo per la città...passo tra la gente che non sa...che non conosce il mio dolore" recita un classico della canzone italiana, e mi viene subito da pensare a tutte le menti eccelse che, puntualmente, quando non sufficientemente intrepide da cercare fortuna su altre sponde, soffrono dell'oblio alle quali la nostra becera società le condanna.
Anche a costo di mancare di modestia, diciamocelo: l'Italia, come poche altre nazioni al mondo, ha dato i natali ad alcune delle menti più eccezionali della storia. Partendo da un Leonardo, passando per un Marconi, fino ad approdare ad una Montalcini (l'articolo indeterminativo rende giustizia agli innumerevoli esempi illustri non citati), la nostra storia è stata costellata di astri rilucenti.
Continua ad esserlo, ma con una sottilissima differenza:NON CE NE ACCORGIAMO!!!
O facciamo finta di nulla...
Ed è proprio la totale inospitalità di cui soffre il nostro capitale umano che porta gran belle teste nostrane a spremersi le meningi altrove.
Volendo curarsi solo delle più note, se ne potrebbero elencare a centinaia, ma sono molte di più quelle alle quali la diaspora si è presentata come ineluttabile destino (io stesso ne ho un esempio in famiglia).
Mi è venuta in mente questa triste constatazione dopo la lettura di un articolo su Wired di maggio.
Il suddetto articolo, la cui lettura consiglio vivamente, è intitolato: Carlo Ratti - Genio in trasferta.
"Carlo sognava una città dove le biciclette producono energia, i robot si mangiano il petrolio e le case non hanno più paura degli tsunami. Poi ha aperto gli occhi e ha trasformato il sogno in realtà".
Gran bella storia, se solo non fosse che, come troppo spesso accade, quel sogno in realtà si chiama "dream. American dream". Insomma... un ennesimo Thione!!!
La ragione di un mio così profondo sconforto nell'apprendere tali notizie non ha solo le motivazioni sentimentali che ci si potrebbero aspettare da un italiano che non riesce ad andare fiero del proprio paese. Ad un attento calcolo economico, infatti, il prendere coscienza su quanto pesi sui bilanci dello Stato, e quindi sui cittadini, l'educazione di un individuo che, potenzialmente, darà gratuitamente i suoi frutti ad un altro Paese, tramuta lo sconforto in totale disperazione.
Poiché un articolo che tratti temi politico-economici non ha credibilità se non snocciola cifre, citerò una pubblicazione OCSE (OECD education at a glance 2010) che darà dimensione della situazione.
Secondo tale studio, i cui dati, sebbene riferiti al 2007/2008, possono essere comunque indicativi della portata del fenomeno, esclusa l'istruzione universitaria, la formazione di un alunno ,dalle elementari alle superiori, costa in media 100.903 dollari (ndr. 71005,9456 euro).
Tralasciando il fatto in sé di come tale importo, superiore alla media OCSE, non sia bilanciato da performance migliori, visto che gli studenti italiani non spiccano nelle valutazioni tramite test PISA, sfido a non trovare l'inefficienza sottesa al dato di fatto che, dopo aver speso quest'importo, è piuttosto probabile che non se ne trarrà nulla indietro.
E questo discorso varrebbe anche se l'istruzione costasse molto meno, semplicemente perché non risponde ad economicità l' intraprendere investimenti che potenzialmente non hanno ritorni!!!
A mio sommesso parere, il problema principale sta nella miopia di elettori ed eletti.
Secondo la Teoria del ciclo politico-economico di Nordhaus, illustre economista, i risultati elettorali sono influenzati dall'andamento economico. Gli elettori attribuiscono, come in assenza di memoria, peso predominante alle performance del periodo più vicino alla scadenza elettorale, E, d'altro canto, sono miopi ed ignari delle conseguenze relative di lungo periodo delle politiche poste in atto nel periodo pre-elettorale.
Quindi, il problema sta nel fatto che le manovre economiche che giovano realmente al paese impiegano anni per manifestare i loro effetti. I governanti questo lo sanno bene, e la loro preoccupazione è che, una volta manifestatisi, non gli si attribuisca più il merito di averle messe in atto, così come non gli si attribuirà la colpa delle ripercussioni negative future della loro condotta (che verrà addossata ai governatori coevi alla manifestazione di queste ultime).
Ed è questa miopia che rende esigui gli investimenti in scienza pura, ossia, quella non applicata. Questa, infatti, ha bisogno di anni per dare i suoi frutti ( c'è bisogno di trovare una possibile e conveniente applicazione industriale che la trasformi in tecnologia).
La cruda realtà è, però, un'altra: solo l'essere pionieri nella scienza permette di esserlo nella tecnologia!!!

AAA Grande casa per grandi cervelli cercasi (possibilmente in Italia).


Massimo McMutton

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