Quando è stata l'ultima volta che abbiamo ballato? Non lo ricordo più. E adesso, che punti le ginocchia contro le mie, per farti sollevare, mi torna alla mente che è successo poco tempo fa. Quella volta non pensavo che il tuo corpo avesse peso, ogni centimetro della tua pelle aderiva perfettamente al mio, se ti tenevo addormentata sul petto mi sentivo completo, non schiacciato. Ora, con le braccia sempre più stanche, non balliamo più, ci muoviamo a scatti, senza musica e senza scandire il tempo sotto le nostre scarpe. I medici dicono che la riabilitazione può farti bene. Il tappeto ha ancora i bordi di un bell'azzurro, e il pianoforte nero non suona più. Sotto queste poltrone si nascondeva il tuo amore, lasciavi che si sedesse accanto a te. Le suonavi canzoni semplici e allegre. Ora non so che accordi avessero, ma Sur le pont d'Avignon è stata sicuramente la prima che ha imparato. Te la ricordi?
Te la canto adesso, che scivoli con le palpebre arrossate nel cuscino fresco, la testa immobile rivolta al soffitto, sembri di nuovo una bambina. Ti racconto delle sensazioni che le mie storie continuano a regalarmi, di pianti che ho tenuto nascosto e di questo presente che non doveva cogliere impreparato nessuno e invece ha scelto te. No, non riesco a convincerti se ti dico che poteva capitare anche a me, e che tu avresti fatto lo stesso. Eppure tanti anni fa ti ho sentita dire che il dolore, anche se non si può capire, si può vincere se si resta vicini, se non ci si lascia allontanare sciaguratamente. Volevamo una vita lunga, per quanto sia difficile conquistare la normalità ed arrivare a poterla tenere ben salda ai muri, assieme ai quadri che non guardiamo più. Io non sento vergogna, se mi avvicino è solo per proteggerti, se mi allontani è perché hai paura che avrai davvero bisogno della mia protezione, prima o poi, come non era mai successo.
Chissà dove sei adesso. Perché ti sto scrivendo?
Alessio MacFlynn
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