Sherwood Anderson e i cigni di Harley.





 
Non so se riesco a parlarne come vorrei, sento il bisogno di dovervi portare da qualche parte che non ho mai visto e che però sento di conoscere da sempre. Potrei tenere un foglio dove elencare tutti i profumi e gli orizzonti che si sono schiusi tra le pagine, potrei addirittura indicarvi le strade dove una volta suonavano gli artisti più celebri, coi loro completi eleganti. Una quantità incredibile ed una varietà che si lascia tagliare facilmente, come le torte di mele che accompagnano le seconde e poi le terze tazze di caffè. Sono inciampato in quello che viene chiamato immaginario, e mi viene da scuotere le spalle per l’inadeguatezza di questo termine. Non vedo nulla di più concreto e reale, non c’è niente che possa sfumare tra le dita senza lasciare traccia. Posso toccare i gradini con le assi di legno marcite e riempire le tasche con le noci di Macadamia, conosco un meccanico bravo per la vostra Ford, la vicina che porta a spasso il cane di notte e il proprietario del club alla fine del Boulevard. 


Sto seguendo i passi di Raymond Carver, che se ne sta col cappello in mano fuori da un drugstore e leggo tra i suoi pensieri. Gli torna alla mente Sherwood Anderson, il “maestro”, il “padre”, l' "inventore”, il grande scrittore. Riporta qualche riga di una sua lettera, prima di iniziare a fermare quel momento con una poesia che si intitola "I cigni di Harley":  “Ci sto provando di nuovo. Un uomo deve ricominciare sempre da capo – tentare di pensare e sentire all’interno di un campo molto limitato, alla casa per strada, all’uomo nel drugstore all’angolo.” Strano modo di incrociare i propri sguardi. Quell’uomo nel drugstore potrebbe proprio essere Carver, che, con una Coca in mano, pensa al tradimento e si dimentica di Anderson. 
Basterebbe questo incontro consumato su un foglio a spiegare diverse cose.


La letteratura dei grandi spazi, la sconfinata America del viaggio e della vita presa a morsi, non sta qui. Se c’è un tragitto da percorrere, quello è fatto di piccoli passi nel dramma di chi, invece, viene preso a morsi dalla vita. Bum, loser, drifter, arse, slug, loon, una lingua che offre decine di sinonimi per poter indicare con precisione la sfortuna degli altri. Sherwood Anderson prende un coro di anime e le riunisce a Winesburg, una piccola cittadina che la linea della mappa segna accanto alla Spoon River di Edgar Lee Masters e, più indietro, alla St. Petersburg di Mark Twain.  Le storie vengono raccolte da un giovane giornalista, George Willard, narratore inconsapevole, testimone e alla fine protagonista dell’ultimo capitolo. Sono racconti da tenere in tasca come pensieri ridotti a piccole palline di carta, eppure rivelano un paradigma che tornerà in maniera ciclica nelle narrazioni di altri grandi scrittori. I segreti nascosti che non sono mai al sicuro, la ricerca di una via di fuga, il pentimento e il mistero di un’epifania che non si compie: le mani di Wing Biddlebaum, lo straniero che bacia la figlia di Tom Hard regalandone un nuovo nome, Enoch e la sua stanza piena di voci. Quando George Willard è sul treno che lo porterà lontano da Winesburg, nella sua mente iniziano a comparire tutte le persone che ha conosciuto in città. Un addio necessario, e non solo perché c’è un destino che attende questo giovane giornalista, ma anche perché il suo modo di guardare e descrivere non sarebbe lo stesso. Per la straordinaria forza evocativa, Winesburg, Ohio, ha rappresentato un nuovo modo di raccontare la società americana.


C’è un legame molto stretto tra la capacità del narratore di lasciare che si compia l'abbandono dell’incredulità e lo spirito d’osservazione maturato durante gli anni di crescita e formazione. Anderson, con i racconti Sorella Morte, Voglio sapere perché e L’uovo sembra voler espandere ancora meglio questo punto di vista speciale ed inedito, forse più che nei suoi ritratti di Winesburg. Sorella Morte è la storia di una famiglia, ma soprattutto di un bambino, Ted, e di sua sorella Mary. Ted soffre di un problema al cuore, i suoi genitori sono costantemente preoccupati che non si affatichi e non faccia sforzi. Mary sente di doversi occupare in un modo diverso di Ted. Sa che il rischio che suo fratello possa morire all’improvviso è costante, ma ancor di più è disgustata dal continuo “memento mori” che i genitori infliggono al piccolo. Lei decide di ignorarli e accompagna Ted a sfidare i divieti imposti per proteggerlo. Sviluppando un senso di responsabilità che scavalca l’emisfero dei semplici doveri, sfida e accusa la madre di uccidere ogni giorno suo fratello. Il padre è un tipo chiuso e dai pensieri inestricabili, attaccato alla terra e timoroso di dover affidare, un giorno, i propri possedimenti ad una famiglia che non sembra in grado di poter sostenere i suoi stessi sforzi. Per ribadire l’egoismo che deriva da questo potere, compie una dimostrazione di violenta e inutile virilità, facendo tagliare due antichissime querce che si stagliano imponenti appena fuori dalla casa. E questo imbarazzo per il mondo dei grandi ritorna anche in Voglio sapere perché, dove un giovane ragazzo scappato di casa assieme a degli amici, perde l’ammirazione che provava per un allenatore di cavalli da corsa dopo averlo visto intrattenersi in un bordello. Nel racconto L’uovo, c’è un padre che, dopo aver avviato con difficoltà un allevamento di galline, comincia a sviluppare ambizioni sempre più grandi. Il sogno dell’uomo che compie il proprio destino ricorre spesso. Solo pochi, però, sono disposti a raccontare le cadute. Dopo aver aperto una tavola calda, in cui lui e sua moglie si alternano al bancone, inizia a pensare a come rendere quel posto un punto di ritrovo per tutti i clienti di passaggio. Deve trasformarsi in un intrattenitore, deve avere sempre una battuta pronta e aneddoti da raccontare. Questo tentativo si tramuta in una farsa, che lo porta ad una scena grottesca e tragica con un cliente arrivato nel cuore della notte. “Quel Cristoforo Colombo era un imbroglione, ha fatto stare in piedi un uovo semplicemente spaccandone la base.” Tutti i tentativi del padre per far stare in piedi un uovo senza romperlo si rivelano inutili. Il suo nervosismo arriva all’apice quando alla fine, mentre il cliente sta per uscire, l’uovo si rompe nella sua mano. Torna a casa furioso, con un altro uovo in mano e trova sua moglie che cerca di tranquillizzarlo. Quell’uovo resta sul tavolo, trionfante, custode di un mistero antico come la storia dell’uomo. Tutta la storia è raccontata attraverso gli occhi di un figlio che non sa come comportarsi di fronte all’inevitabile declino, deluso dalla figura paterna e incapace di perdonargli qualcosa che, in quel momento, non sa nemmeno definire. 


Ecco che questo sguardo diventa una delle radici narrative più ricche e potenti della letteratura americana. Mano a mano si stendono i nomi e le storie degli autori che hanno fatto un salto tra i ricordi e sono riusciti a ricreare l’atmosfera e le sensazioni di chi comincia ad affacciarsi alla vita. Rendendo protagonisti gli stessi ragazzi o mettendosi nei panni di spettatori che non perdono tempo a ricamare descrizioni fitte e particolareggiate.Tornano alla mente Holden Caulfield, Jem e Scout, i piccoli bambini curiosi di Bukowski, il pranzo in "Giorno del Ringraziamento" di Truman Capote, Arturo Bandini portato in giro dal padre lungo le strade di Rocklin. E di sicuro torna alla mente anche Raymond Carver, che abbiamo lasciato in quel drugstore e che, una volta tornato a casa, si rivolge per l’ultima volta a Sherwood Anderson. Perché solo lui avrebbe capito quei ricordi e quel disagio dell’infanzia: il taglio di capelli, i vestiti nuovi e le uscite in città sotto lo sguardo di chi lo conosceva come il ciccione del quartiere.
E solo lui avrebbe capito che, provandoci ancora, alla fine ne sarebbe valsa la pena. 



Alessio MacFlynn

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