…all is calm and all is quite.
Più o meno.Eccoci giunti alla nascita di Cristo. Quello stesso Cristo che fra qualche mese morirà all’età di 33 anni per salvare l’umanità.
Quale ruolo ha la fede nelle società moderne?
Personalmente, credo che le mie azioni non siano influenzate da regole di fede, anche se sarebbe una grave forma di cecità il negare a priori che l’essere nati e cresciuti in una società che, nel tempo, è stata così fortemente influenzata, nel bene e nel male, dalla religione, non abbia plasmato i nostri modi.
La religione ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei popoli, e il vuoto lasciato dalla mancanza di fede ci mette di fronte ad un problema di ardua soluzione: bisogna trovare un sostituto che guidi la società verso il bene.
La morale trovava una più semplice definizione oggettiva nella religione.
Due erano i principi che guidavano l’operato dell’uomo: ontoteologico e soteriologico (J. Habermas – L’inclusione dell’altro).
Il primo, riguarda la convinzione radicata nei fedeli che il mondo sia stato creato da Dio, e che, quindi, questo stesso mondo, di cui tutti siamo parte integrante, debba essere guidato dalle sue leggi.
Il secondo, invece, si riferisce al giudizio al quale Dio, giudice ultimo, in un tempo indefinito, ci sottoporrà universalmente. Da questo giudizio potremo uscire ricompensati o condannati in funzione del nostro comportamento terreno.
E’ di facile intuizione come, posti tali paletti, sia semplice definire una condotta giusta da una sbagliata.
Tuttavia, la nostra società si è nel tempo disamorata della religione.
Giusto è discutere del perché.
Varie sono le motivazioni.
In primis, la necessità di religione è funzione inversa della consapevolezza scientifica. Si badi bene, non del progresso scientifico in sé, perché quest’ultimo, storicamente, è merito di menti che si relazionano agevolmente con concetti e visioni che ben si distaccano dal sentire comune. Infatti, per fare un esempio, uno Steve Hawkins che tenta di spiegarci l’universo come emanatosi casualmente da un buco nero infinitamente piccolo ed infinitamente denso, dentro il quale non abitavano né luce né tempo (chiedo perdono a chi di competenza per la probabile imprecisa esposizione della teoria), non trova molte menti disposte all’accettazione.
Solo un laborioso tentativo di divulgazione della conoscenza scientifica nella società porta a distaccarsi dalla religione.
In secundis, tornando un pochino sul binario di partenza, è proprio la morale che si sostanzia nella fede a rendere quest’ultima incompatibile con i tempi moderni.
Con tutte le critiche che si possono muovere alla democrazia come oggi si manifesta (che, per inciso, è ben lontana dall’essere quella che dovrebbe), sfido chiunque a sostenere che non sia stata tra le più grandi conquiste dell’umanità.
In una società democratica, il cui carattere fondante è la isegoria, intesa nel senso ampio di potersi esprimere liberamente, la morale si riduce ad un comportamento che risponde ad una norma “valida soltanto quando le prevedibili conseguenze , ed effetti collaterali, che la sua generale osservazione verosimilmente potrebbe produrre sulla situazione di interesse e sugli orientamenti di valore di ciascun singolo individuo, potrebbero essere liberamente accettati da tutti gli interessati (J.Habermas-L’inclusione dell’altro,pag 59)
E si noti che ci si sta riferendo non solo alle conseguenze dirette (io mi comporto in modo tale da causarti un danno), ma anche a quelle indirette ( una frase detta da una persona influente che spinge qualcun altro ad un comportamento “immorale”).
Per cui, si smetta di sostenere che ci sia abbandonati al relativismo, perché una solida norma di fondo c’è: quando ci si deve esprimere, nei comportamenti e nelle parole, ci si deve mettere nella prospettiva di TUTTI i possibili destinatari, diretti e indiretti, della nostra espressione, e analizzare se ognuno di questi accetterebbe il nostro comportamento.
Se tutti facessero questa analisi, nessuno si comporterebbe in modo dannoso per l’altro.
So bene quanto questo sia utopico, e di come vasto e di difficile comprensione (per il sottoscritto in primis) sia l’argomento, ma, a grandi linee, è questo ciò verso il quale una società deve tendere.
La fede, in quanto caratterizzata da connotati universali e onnicomprensivi, non accetta la divergenza di vedute.
Per questo motivo Sciascia, nel suo Affaire Moro (Pag 38), parlando di come l’Italia, al tempo della Democrazia Cristiana, fosse lontana dall’essere il paese perfetto, sosteneva: “Bayle credeva che una Repubblica di buoni cristiani non potesse durare, Montesquieu correggeva che una Repubblica di buoni cristiani non potesse esistere, ma una Repubblica di buoni cattolici italiani può esistere e durare…così”.Dunque, la fede deve continuare ad essere una ragione di vita per colui il quale voglia che continui ad esserlo, ma tornando al quesito iniziale, a mio avviso, affinché la religione possa continuare ad esistere nella società, è necessario che essa si riduca ad essere una visione del mondo tra le tante, che si smetta di fare proselitismo discriminatorio, ed ci si apra all’idea dell’ adesione volontaria e cosciente.
La sicura obiezione sarà che, perdendo il suo carattere universale e onnicomprensivo, la religione smetta di essere tale.
Problema non mio.
Quale ruolo ha la fede nelle società moderne?
Personalmente, credo che le mie azioni non siano influenzate da regole di fede, anche se sarebbe una grave forma di cecità il negare a priori che l’essere nati e cresciuti in una società che, nel tempo, è stata così fortemente influenzata, nel bene e nel male, dalla religione, non abbia plasmato i nostri modi.
La religione ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei popoli, e il vuoto lasciato dalla mancanza di fede ci mette di fronte ad un problema di ardua soluzione: bisogna trovare un sostituto che guidi la società verso il bene.
La morale trovava una più semplice definizione oggettiva nella religione.
Due erano i principi che guidavano l’operato dell’uomo: ontoteologico e soteriologico (J. Habermas – L’inclusione dell’altro).
Il primo, riguarda la convinzione radicata nei fedeli che il mondo sia stato creato da Dio, e che, quindi, questo stesso mondo, di cui tutti siamo parte integrante, debba essere guidato dalle sue leggi.
Il secondo, invece, si riferisce al giudizio al quale Dio, giudice ultimo, in un tempo indefinito, ci sottoporrà universalmente. Da questo giudizio potremo uscire ricompensati o condannati in funzione del nostro comportamento terreno.
E’ di facile intuizione come, posti tali paletti, sia semplice definire una condotta giusta da una sbagliata.
Tuttavia, la nostra società si è nel tempo disamorata della religione.
Giusto è discutere del perché.
Varie sono le motivazioni.
In primis, la necessità di religione è funzione inversa della consapevolezza scientifica. Si badi bene, non del progresso scientifico in sé, perché quest’ultimo, storicamente, è merito di menti che si relazionano agevolmente con concetti e visioni che ben si distaccano dal sentire comune. Infatti, per fare un esempio, uno Steve Hawkins che tenta di spiegarci l’universo come emanatosi casualmente da un buco nero infinitamente piccolo ed infinitamente denso, dentro il quale non abitavano né luce né tempo (chiedo perdono a chi di competenza per la probabile imprecisa esposizione della teoria), non trova molte menti disposte all’accettazione.
Solo un laborioso tentativo di divulgazione della conoscenza scientifica nella società porta a distaccarsi dalla religione.
In secundis, tornando un pochino sul binario di partenza, è proprio la morale che si sostanzia nella fede a rendere quest’ultima incompatibile con i tempi moderni.
Con tutte le critiche che si possono muovere alla democrazia come oggi si manifesta (che, per inciso, è ben lontana dall’essere quella che dovrebbe), sfido chiunque a sostenere che non sia stata tra le più grandi conquiste dell’umanità.
In una società democratica, il cui carattere fondante è la isegoria, intesa nel senso ampio di potersi esprimere liberamente, la morale si riduce ad un comportamento che risponde ad una norma “valida soltanto quando le prevedibili conseguenze , ed effetti collaterali, che la sua generale osservazione verosimilmente potrebbe produrre sulla situazione di interesse e sugli orientamenti di valore di ciascun singolo individuo, potrebbero essere liberamente accettati da tutti gli interessati (J.Habermas-L’inclusione dell’altro,pag 59)
E si noti che ci si sta riferendo non solo alle conseguenze dirette (io mi comporto in modo tale da causarti un danno), ma anche a quelle indirette ( una frase detta da una persona influente che spinge qualcun altro ad un comportamento “immorale”).
Per cui, si smetta di sostenere che ci sia abbandonati al relativismo, perché una solida norma di fondo c’è: quando ci si deve esprimere, nei comportamenti e nelle parole, ci si deve mettere nella prospettiva di TUTTI i possibili destinatari, diretti e indiretti, della nostra espressione, e analizzare se ognuno di questi accetterebbe il nostro comportamento.
Se tutti facessero questa analisi, nessuno si comporterebbe in modo dannoso per l’altro.
So bene quanto questo sia utopico, e di come vasto e di difficile comprensione (per il sottoscritto in primis) sia l’argomento, ma, a grandi linee, è questo ciò verso il quale una società deve tendere.
La fede, in quanto caratterizzata da connotati universali e onnicomprensivi, non accetta la divergenza di vedute.
Per questo motivo Sciascia, nel suo Affaire Moro (Pag 38), parlando di come l’Italia, al tempo della Democrazia Cristiana, fosse lontana dall’essere il paese perfetto, sosteneva: “Bayle credeva che una Repubblica di buoni cristiani non potesse durare, Montesquieu correggeva che una Repubblica di buoni cristiani non potesse esistere, ma una Repubblica di buoni cattolici italiani può esistere e durare…così”.Dunque, la fede deve continuare ad essere una ragione di vita per colui il quale voglia che continui ad esserlo, ma tornando al quesito iniziale, a mio avviso, affinché la religione possa continuare ad esistere nella società, è necessario che essa si riduca ad essere una visione del mondo tra le tante, che si smetta di fare proselitismo discriminatorio, ed ci si apra all’idea dell’ adesione volontaria e cosciente.
La sicura obiezione sarà che, perdendo il suo carattere universale e onnicomprensivo, la religione smetta di essere tale.
Problema non mio.
Massimo McMutton
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3 commenti:
Solo una domanda, ma ti riferisci a tutte le religioni oppure a qualcuna in particolare?
No perchè dato che all'inizio del post parli del Natale suppongo ti riferisca anche al Cristianesimo.
Volevo solo dirti che il buon cristiano non fa di certo proseliti discriminatori.
Il suo compito non è quello di convertire ma di testimoniare la parola del Vangelo. Gesù non andava in giro costringendo gli altri a seguirlo, perciò nella visione cristiana un'adesione non volontaria e non cosciente non avrebbe senso
No. Parlavo di me e della mia formazione. Quindi, mi riferivo alla chiesa cattolica.
Lo so anch'io che Cristo è venuto a portare la buona novella.
Il fatto è che, nel corso dei secoli, non poche nefandezze sono state compiute in nome di questo evangelium.
Erasmo da Rotterdam, nell'introduzione a L'elogio della Follia, parlava di come molti fedeli hanno una fede talmente distorta da passare sopra a qualsiasi offesa a Cristo, piuttosto che a quella ad un Pontefice, o, peggio, ad un Principe, quando ne entrano in gioco i propri interesse.
Una delle più grandi offese al prossimo, è pensare che esistano individui che non meritino di essere trattati in maniera egualitaria. Serve che ti dica come vengono tacciati gli omosessuali, gli appartenenti ad altre religioni...etc..etc...etc?
Ovviamente, Erasmo era,più o meno, un Protestante (non stiamo qui a discuterne)
Si capisce, quindi, che non è la religione in sé ad essere un problema, ma le distorsioni che l'hanno resa incompatibile con un vivere democratico.
Chiedo scusa, però, per non aver precisato a dovere a cosa mi riferissi.
La mia formazione è stata cattolico cristiana. Ed anche da non praticante in senso stretto, non la rinnego perché li sono e restano le "mie radici" anche laiche. Mi porta a queste riflessioni il pezzo che ho letto con grande interesse.
Alcuni anni fa, provando a scrivere un libricino dedicato ai ragazzi e ragazze proprio sui valori e futuro nostro e loro possibile, mi sono imbattuto in una citazione di un Accademico francese, Lenoir se non ricordo male, il quale, tra altre cose sulla Religione cristiana, asseriva all'incirca non essere vero che il Progresso ha eliminato l'uomo di Nazaret; l'ha solo laicizzato. E continuava dicendo che se oggi si sono svuotate le Chiese e indeboliti i dogmi, la società attuale ha fatto però suoi proprio i valori dell'uomo di Nazaret in Libertà, Fraternità, Uguaglianza.
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