Il cinema di Marialy Rivas: l'omofobia non è uno scherzo.



“Ci sono solo tre lesbiche dichiarate in Cile: io, la mia cameraman e la ragazza a cui il mio film si ispira.” Marialy Rivas è giovane, è bionda, è cresciuta in un paese dove fino al 1994 esisteva ancora il reato di sodomia, e si è fatta 24 ore di viaggio per venire a presentare il suo primo lungometraggio “Joven y alocada” (Giovane e selvaggia) al Festival Internazionale di Cinema LGBT “Bok a bok” (Fianco a fianco) che è iniziato giovedì 25 ottobre a San Pietroburgo.

“Joven y alocada” è il suo primo film ed è già stato presentato al Sundance, alla Berlinale e al Festival di San Sebastian. “Joven y alocada” è onesto, sfrontato, naif, rinfrescante, favoloso. “Joven y alocada” racconta la storia di una ragazza cresciuta con dei severi genitori evangelici, per cui il comandamento più importante non è 'non ammazzare' o 'ama il prossimo tuo come te stesso', ma 'non fornicare'. Invece Daniela, la protagonista (interpretata da una strepitosa Alicia Rodriguez) è una fornicatrice. E prega Gesù tutti i giorni che sua madre non scopra il suo blog erotico 'Joven y alocada'.
I genitori della ragazza a cui il film è ispirato hanno scoperto della sua esistenza due giorni prima che andasse al Sundance Film Festival e hanno rotto ogni contatto con la figlia per sei mesi. Purtroppo però omofobia e discriminazione non si limitano solo a queste, già gravissime, violenze emotive. La sera della prima del film in Cile c'è stata un pestaggio anti-gay ed un ragazzo è stato picchiato a sangue ed è morto.

Il festival “Bok o bok” quest'anno compie 5 anni. Avrà luogo dal 25 ottobre al 3 novembre con film e interventi di registi da tutto il mondo (Cile, Cina, Uganda, USA, Russia, Svezia, Inghilterra, Olanda...) Ci sono ottime ragioni per esserne fieri. L'anno scorso a Novosibirsk, durante una proiezione, un gruppo di neo-nazisti nazionalisti ha fatto irruzione nella sala minacciando tutti i partecipanti. Non potendo contare su nessun tipo di aiuto o protezione da parte della polizia gli organizzatori sono stati costretti a cancellare il festival per paura di ulteriori rappresaglie. San Pietroburgo ha cinque milioni di abitanti e l'Europa è a un passo. All'apertura del festival le proteste si sono limitate a un paio di estremisti ortodossi che fuori dal cinema hanno messo in guardia gli spettatori sugli indegni pervertiti presenti in sala. Tuttavia non si sa cosa aspettarsi nei prossimi giorni. Di fatto, dal 30 marzo 2012, la “propaganda” dell'omosessualità in Russia è stata vietata. Non solo, ogni ONG che riceve (o ha ricevuto in passato) fondi o aiuti dall'estero deve registrarsi ufficialmente come 'agente straniero'. La violazione di queste nuove leggi può avere come conseguenza importanti multe o addirittura la prigione.

Sabato 27 ottobre a San Pietroburgo si terrà una protesta pacifica, una “marcia contro l'odio”. Allora, se avrete tempo, fra uno spritz, un buon caffè o una passeggiata al sole (tutte cose che in Russia mancano) prendetevi cinque minuti per pensare agli attivisti LGBT venuti dalla Cina, dove a registi come Lou Ye fare nuovi film è vietato, dall'Uganda, dove per attività omosessuali c'è la pena di morte, dal Cile, dove a maggio un ragazzo è stato picchiato a morte, dall'Italia, dove nessun provvedimento concreto è stato preso a sostegno dei diritti della comunità LGBT, e riunitisi in Russia, dove gli organizzatori di un festival di cinema rischiano di essere arrestati per 'propaganda dell'omosessualità'. Pensate a come marceranno per le vie di questa bellissima e fredda città, sentendosi forti, perché convinti che, alla lunga, conoscenza e rispetto vinceranno su paura e odio.



Giulia McNope

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