I "NIET" della Russia.

La Russia si chiama vicina all'Europa, e a volte, invece, mi sembra che non possa essere più lontana. Fra i paesi con la più grande concentrazione di malati di AIDS la Russia si classifica tra le prime dieci con 1 milione di casi di HIV/AIDS (ovvero l'1% della popolazione). Mentre in paesi come Europa e Stati Uniti il trend di crescita è praticamente fermo nonostante il virus e la prevenzione restino un problema (lungi da me dire che qui va tutto bene!), il numero di nuovi contagi in Russia sale in maniera esponenziale.
Fino alla metà degli anni '90, nel clima immobile e ascetico del socialismo, erano state diagnosticate ogni anno meno di 200 infezioni da HIV in Russia. I nuovi casi (ufficialmente registrati!) hanno cominciato a raddoppiare ogni anno dal 1996 in poi. Fonti nazionali ed internazionali stimano che il numero effettivo di infezioni ora sia fra 1 e 2 milioni. La maggior parte delle infezioni da HIV vengono diagnosticate tra persone di età inferiore ai 25 anni.
La ragione di questo macabro 'boom' di infezioni è che l'informazione e la prevenzione sono quasi inesistenti. La discriminazione nei confronti delle persone sieropositive è la norma in Russia, dove la gente spesso si sente costretta a nascondere la malattia da amici e datori di lavoro, per paura (certo non infondata) di essere rifiutata e stigmatizzata.
Fra un gruppo di persone affette da HIV/AIDS sottoposte ad un sondaggio (che potete trovare qui) una grande percentuale ha segnalato le discriminazioni con cui si sono scontrati, tra cui: essere costretti da operatori sanitari, o da forze dell'ordine (sic!), a firmare documenti attestanti la condizione di HIV positivi (47,9%), il rifiuto di assistenza sanitaria (29,6%), licenziamento dal lavoro (9,9%), od essere costretti ad abbandonare la propria casa e famiglia (9,0%). Oltre un terzo ha avuto probabile depressione clinica. Nonostante questo, i più sono rimasti sessualmente attivi dopo essere stati diagnosticati con HIV, circa la metà ha avuto rapporti sessuali non protetti con partner HIV negativi e non sono stati utilizzati preservativi un terzo delle volte anche con partner diversi. La maggior parte dei tossicodipendenti sottoposti al sondaggio ha ammesso di aver continuato a condividere siringhe.
Categorie già vulnerabili e stigmatizzate come donne, sex workers, tossicodipendenti e omosessuali anziché trovare assistenza vengono emarginate e lasciate in balia di solitudine e ignoranza.
Per esempio, invece di basarsi su prove scientifiche della riduzione del danno delle misure per trattare la tossicodipendenza, la politica russa tende a criminalizzarla e poi a nascondere la testa sotto la sabbia. Ci sono solo 70 programmi di distribuzione di siringhe in Russia per coprire ben 2 milioni di tossicodipendenti, e il metadone è illegale. (Ora, qui si potrebbe aprire una discussione accesissima sull'efficacia di questi programmi nell'aiuto alla tossicodipendenza di per sé, ma certo è che aiutino a limitare la diffusione del virus). Il sistema sanitario contribuisce a fare la sua parte: solo tra il 21 e il 29 per cento di adulti e bambini affetti da HIV in fase avanzata riceve terapia antiretrovirale, e come se non bastasse i pazienti sono trattati presso centri appositi, segregati dal resto delle strutture sanitarie.


Ma se questi dati vi sembrano sconfortanti, miei cari amici, è presto per abbattersi, perché dopotutto c'è un premio di consolazione: a nessuno straniero sarà permesso di ingrossare le fila degli infetti! I già strabordanti lazzaretti nazionali sono sempre più difficili da tenere nascosti e lontani dagli occhi e dal cuore del resto della popolazione. Quindi tutti gli altri dovranno starsene a casa propria. Per chiunque faccia richiesta per un visto della durata di più di tre mesi, infatti, è necessario sottoporsi a un test per l'HIV, e se il risultato è positivo nulla ci salverà da un tuonante “NIET!” all'ambasciata. Questa sì che è finalmente un'azione decisiva ed efficace contro la crescita spropositata dei contagi, altro che educazione sessuale nelle scuole! Prendiamo l'esempio di uno studente straniero meritevole e sieropositivo, mettiamo che abbia perfino accesso ai farmaci e sia ben informato sulla propria condizione, e che abbia già vinto una borsa di studio e ottenuto un posto in una delle prestigiose università pubbliche, beh questa persona si vedrà comunque irrimediabilmente revocato il diritto di studiare nella grande madre Russia. O di risiederci per più di tre mesi, ne avesse lo sghiribizzo. Anche se bisogna dire che, mettendosi nei suoi panni, non essere accolti da una 'madre' così preoccupata dalla figura che farà in società, che non ha mai avvertito dei pericoli dell'AIDS quand'era ancora in tempo e per di più ora si rifiuta di riceverlo, non sembra una perdita così grande.

fonti:


Giulia McNope










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1 commenti:

Anonimo ha detto...

i tuoi articoli vanno sempre dritti al cuore,cogli l'essenza e trasmetti emozioni.
complimenti.
carmela

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