...e l'arte di esser più di ciò che si è...


Non si potrebbe affermare di aver vissuto una vita degna di questo nome se non ci si fosse posti almeno una singola volta di fronte alla necessità di conoscersi.
Percorso tortuoso quello verso l'autocoscienza, ed ogni orma che, con passo incerto, su di esso lasciamo a ricordo dei nostri progressi ci dona tanto più stupore quanto complesso è l'animo che si analizza.
Tuttavia, non è concesso farsi vincere dalla paura di scoprirsi inadeguati a se stessi. Condizione, questa, da cui non può prescindere nessun individuo che, tirate le somme della sua esistenza, si consideri totalmente appagato dalla "forma" raggiunta.
E si badi che, semmai si volesse sollevare una critica sull' incoerenza tra l'argomento e l' esiguo numero di anni vissuti , è proprio all' inizio del viaggio che ci si deve chiedere come si ha intenzione di affrontarlo.
Inoltre, la costruzione di un traguardo in cui trovino soluzione gran parte dei nostri quesiti esistenziali dipende, a mio sommesso parere (per quanto non abbia, ovviamente, ancora avuto una prova empirica) principalmente dalle decisioni prese in quel periodo della vita in cui si ha la fortuna di non dover scendere, per necessità dettate, ad esempio, da impellenze economiche, a compromessi con se stessi.
Bisogna, quindi, pensare per tempo a quello che si vorrebbe essere, per non rendersi conto, in angosciante ritardo, di non aver avuto il coraggio di essere qualcosa di migliore.


Brutus:
There is a tide in the affairs of men.
Which, taken at the flood leads on to fortune;
Omitted, all the voyage of their life
Is bound in shallows and in miseries.
On such a full sea are we now afloat,
And we must take the current when it serves,
Or lose our ventures.

William Shakespeare

Bruto:
C'è una corrente nelle vicende dell'uomo
la quale, assecondandone il flusso, conduce alla fortune
Evitata, tutti il viaggio della loro vita
è afflitto da secche e miserie.
Siamo immersi in un mare in grande piena,
E dobbiamo prendere la corrente,quando serve
o falliremo le nostre imprese

William Shakespeare
Giulio Cesare Atto 4, Scena 3, 218-224

Massimo McMutton


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