Attivismo per i diritti umani: un silenzioso sforzo eroico.


Come tutti ben sappiamo (spero), in data 15 aprile 2011, l'attivista per i diritti umani Vittorio Arrigoni, dopo neanche un giorno di sequestro, è stato "giustiziato" (quanta soggettività in questo vocabolo) mediante impiccagione.
Eviterò di entrare nel merito della vicenda, poiché, tempo passerà prima che sia fatta luce sull'episodio e si capisca a chi vada attribuita la colpa, che, come sempre succede, adesso viaggia rimbalzando da una testa a quella avversa senza soluzione di continuità.
Sono stati i salafiti??? E' stato Israele???
Certamente non è un quesito senza valore, ma, ciò non toglie, che, per il fine che mi propongo, è superfluo.
Il mio intento è solo quello di rendere omaggio ad individui che, per la pura e semplice cognizione che a nessun essere umano si possa negare la sua essenza, decidono di prodigarsi lì dove questa banalità non è accettata.
Per farlo, però, racconterò un'altra storia di eroicità dalle radici nostrane, che, seppur molto distante nel tempo e nello spazio, spero renda merito a coloro che continuano a spendere la propria vita per questi ideali.
Lo sfondo della vicenda è quello di un'Argentina di fine anni '70, oppressa da una dittatura militare avida e sanguinaria, che non lesina crudeltà ai danni di propri connazionali, e punisce con la violenza, come è proprio di qualsiasi regime totalitario, qualsiasi divergenza di opinioni dalle proprie.
Il 24 marzo 1976, infatti, un golpe, attuato da una giunta militare, che si proponeva di attuare un "Processo di Riorganizzazione Nazionale", conduce al potere il Gen. Jorge Rafaele Videla ed impone la legge marziale. E' l'inizio di un incubo che durerà fino al 1983, quando, con l'elezione di Raùl Alfonsìn, tornerà la democrazia.
L'origine della protagonista, invece, ha radici molto lontane dal luogo della vicenda, e si situa, negli anni '20, in un piccolo paese calabrese: Fuscaldo
Tra tutti i bambini nati a Fuscaldo nel 1920, il 7 marzo nasce Angela Maria Aieta.
Come molti altri figli della povertà che, a quel tempo, non trovavano sul suolo natio di che vivere, e temevano la nascente dittatura fascista, fu costretta, con il padre , a cercare fortuna su altre sponde.
Finì, come era frequente in quel periodo, in un paese dell' America del Sud: l'Argentina.
Fu arrestata dalla milizia del regime il 5 agosto 1976.
L'appropriatezza dell'appellativo Desaparecidos è testimoniata dal fatto che, nelle ricerche bibliografiche che ho compiuto per conoscere questa donna, si situa la morte in una data successiva a quella dell'arresto, senza, però, che se ne riesca a specificare una esatta.
Le uniche "colpe" di Angela Maria Aieta furono quelle di essersi prodigata per l'istituzione di un movimento di pressione per la liberazione dei detenuti politici, e di essere madre di Dante Gullo , allora leader della "Gioventù peronista" (Juan Peròn, e, successivamente, sua moglie Isabel, erano stati i presidenti nei periodi antecedenti al golpe), e deputato del parlamento argentino dal 10/12/2007.
Fu rinchiusa nell ESMA (Escuola de Mecànica de l'Armada). Fu, come le più di 5000 persone che vennero rinchiuse lì nel corso degli anni di dittatura, imprigionata e torturata per mesi.
Gli arrestati venivano privati di qualsiasi dignità e sottoposti ad atrocità indicibili, tra le quali vale la pena menzionare la picana elettrica (pungolo elettrico con il quale si governa il BESTIAME), per l'utilizzo del quale si aspettava il comando di un dottore che, sadicamente, stava attento a che il prigioniero non perdesse i sensi, e gli stupri di gruppo ai quali le giovani donne dovevano concedersi inermi.
Secondo le testimonianze di coloro che riuscirono a non essere inghiottiti dagli ingranaggi di questa macchina di morte , Angela Maria Aieta tornava in cella trasportata su una barella. Seppur bendata e morente, si imponeva di non lamentarsi spronava le compagne di cella a non mollare, dicendo: "siamo ancora vive!!!"
... Non lo fu ancora per molto...Arrivò il suo mercoledì...
Il mercoledì era, infatti, il giorno della settimana in cui, dall'ESMA, alcuni detenuti venivano trasferiti "in un altro carcere".
Era questa, infatti, la menzogna con la quale di cercava di tener calmi i detenuti. Tuttavia, ognuno di coloro che venivano trasferiti sapeva che la sua sorte sarebbe stata, invece, quella di prendere parte ad un "volo della morte".
Con questo titolo veniva denominata questa pratica barbara, che molto allontana i suoi ideatori e utilizzatori dalle sembianze umane.
Dopo essere stati sedati, si veniva caricati su un aereo che, sorvolando l'Atlantico, riversava, dopo averlo denudato, il suo carico sub-umano al largo del Rio de la Plata.
Non si lasciava neanche la possibilità di salutare per sempre la vita.
Quella vita che, nelle mani dei carnefici, non aveva trovato compassione alcuna durante la prigionia, e che non trovava maggiore considerazione alla soglia della morte.

Non esiste commento opportuno per descrivere l'eroicità umana dimostrata da questa donna gigante di fronte alla cognizione che qualcuno avesse il potere di decidere quanti giorni le rimanessero da vivere.
Un'eroicità vissuta in sordina, come, ahimè, il suo epilogo.
Facciamo sì che lo stesso destino non colga il suo ricordo...

MassimoMcMutton

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